Nel silenzio del deserto è infine sbocciata la vita

domenica 8 aprile 2007 alle 04:10
Ecco, io faccio una cosa nuova!
Essa già germoglia, non ve ne accorgete?
Sì! Aprirò nel deserto una strada,
farò scorrere fiumi nella solitudine!
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
gli sciacalli e gli struzzi,
perché immetterò acqua nel deserto
e fiumi nella steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
(Is 43,19-20)



Prima di cantare alleluia, rimango ancora in silenzio in questo buio mattino di Pasqua. Sono le 3 e sento che c'è bisogno di non disturbare questo nuovo giorno ancora in fasce. Richiede discrezione, attenzione, premura. E' come prendere in braccio una vita appena sbocciata.


Prima di cantare alleluia e per cantarlo in verità, voglio rendermi ben conto di quello che è successo... se ci credo davvero. Altrimenti è meglio tacere. E' più onesto rimanere realisticamente freddi come gli apostoli all'annucio delle donne tornate vocianti dal sepolcro del Crocifisso. Del resto quello che sperimentiamo più spesso è la concretezza della morte, l'angoscia della disfatta, la disillusione delle speranze... e l'incertezza del futuro o i graffi al cuore della solitudine, preludio della morte come solitudine assoluta...


Resurrezione?

Una parola che può essere detta e ascoltata ma difficile da capire (cfr. Mc 9,10).

Eppure voglio fare come Pietro e Giovanni, e senza dire parole correre verso quella tomba. E lì dentro scendere, guardare di nuovo in faccia il deserto della morte, il deserto che è la morte.

Dentro questo deserto ho visto accasciarsi stremato il Figlio di Dio, prostrato dal dolore, immerso nella notte. Come ogni Figlio dell'Uomo, come me, come te. E vedendo Lui così, il mio fratello, ogni mia sorella, l'angoscia ha attanagliato il mio cuore. Questa vita che a volte sembra così difficile, assurda, ingannevole. E ho compatito il Cristo-fratello compatendo in fondo me stesso, osservando magari da lontano (cfr. Mc 15,40) il suo combattimento, la sua solitaria agonia.

Sì, solitaria, perchè il dolore dell'altro è irraggiungibile il più delle volte.

Puoi solo dire che forse hai sperimentato o creduto di sperimentare qualcosa di simile... forse...


E infatti l'ho accompagnato solo per un breve tratto... fino all'orlo di quell'abisso tenebroso che è la morte. Laggiù l'ho visto precipitare, cadere in un grido di dolore (cfr. Mc 15,37).

Era troppo! E mi sono voltato indietro... sono ritornato a casa. Con la fretta di dimenticare, di non pensare. E ora invece mi ritrovo qui, a passare la mano su questa ruvida e fredda pietra su cui era deposto il suo Corpo. Mi ritrovo a spingere la vista avanti verso l'orizzonte di questo deserto... mi ritrovo a cercare ai miei piedi, vicino a me, dei segni di qualcosa di nuovo...

Mi spinge a questo inusitato movimento una parola che adesso ritorna nel cuore, come non abbia secoli e lingua straniera. Come avesse il sapore di una familiarità amorosa, di un sussurro intimo.


Ecco, io faccio una cosa nuova!

Una cosa nuova! Tu Signore, tu solo puoi fare qualcosa di radicalmente nuovo, di mai visto. Spezzare il già-visto che ha reso il nostro cuore duro come la pietra, inattaccabile dagli abbordaggi della Speranza. E allora la Parola insiste:


Essa già germoglia, non ve ne accorgete?


Non mi sto accorgendo di cosa? Che guardando dentro le ferite di questa terra riarsa si scorge un nuovo colore. Il colore della vita! Vita che germoglia, comincia a farsi spazio lì dove non era possibile che il regno della morte! Che il deserto possa davvero rifiorire?


Sì! Aprirò nel deserto una strada, farò scorrere fiumi nella solitudine! Mi glorificheranno le bestie selvatiche, gli sciacalli e gli struzzi, perché immetterò acqua nel deserto e fiumi nella steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto.


Improvvisamente gli occhi si aprono. Stupore! Posso ora seguire il Cristo con lo sguardo dentro quell'abisso che prima me lo aveva nascosto, inghiottito.


Quel grido di dolore con cui spirava nell'assurdo adesso lo avverto come uragano che si abbatte sull'impero della morte.


Non un povero condannato ora vedo, ma un re possente i cui piedi calpestano le porte degli inferi, le cui braccia spezzano tutti i catenacci infernali e ne dischiudono tutte le serrature. Esse giacciono al suolo infrante, aperte.


La discesa agli inferi del Re della gloria ne spalanca tutti i sepolcri, ne fa uscire gli uomini prigionieri. Tutti gli uomini schiavi del peccato e della morte, rappresentati da Adamo ed Eva, sono afferrati saldamente dalle mani del Cristo. Raggiunti nel loro abisso da questa terrificante discesa nelle loro tenebre ne partecipano ora alla vertiginosa ascesa verso il Padre della vita, nella gloria indicibile della Resurrezione.


Resurrezione!


Adesso questa parola comincia ad assumere forma e corpo! La mia croce, il mio deserto non è più lo stesso ora. Ne sono certissimo. Non avevo mai scorto questo germoglio di vita, questo Dio che non ti salva dalla morte, ma nella morte stessa, quando umanamente tu diresti la parola fine.


Acqua sgorga in mezzo a questa aridità spietata. Fiotti di vita, sprizzi di speranza, gorgoglìo di freschezza. Gratitudine. Gratitudine che non ti farebbe barattare un solo attimo dei deserti che hai vissuto per nessuna cosa al mondo.


Ora sai. Ora sei certo. Ancora non osi gridarlo alleluia...


Ancora vuoi assaporare in silenzio questa Vita, che insieme anche alle tue lacrime adesso fa fiorire il deserto...


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