La forza di Colei che ha creduto (Lc 1,45)

giovedì 31 maggio 2007 alle 10:45

Lo Spirito donato a Pentecoste è Spirito di fortezza.

Soffio potente che viene ad abitare la nostra debolezza rendendola spazio sacro della forza di Dio.

E la forza di Dio è l'amore.

Abitare in questo amore mediante il nostro affidarci a Lui ci rende solidi dentro.

Capaci di resistere oltre misura.

Resistere a che cosa?

Resistere alle avversità esterne, alle minacce, alle calunnie, resistere alle proprie paure ed incertezze, resistere ad ogni nemico esterno, certo... ma anche molto di più..

Resistere nella fede ai propri errori e alla propria leggerezza è più difficile.
L'autostima può anche rafforzarsi proprio grazie ai "nemici" esterni (ed è per questo che anche quando non ci sono spesso ce li inventiamo...), ma quando ti rendi conto dei danni fatti contro le tue stesse intenzioni per la tua leggerezza o per la mancanza di appropriata valutazione delle tue scelte può capitare di sentirti assalito dentro da squadre armate di rimorsi che ti attaccano al cuore e vorrebbero solo vederti morto... vorrebbero spazzare via ogni concetto positivo di te che ancora ti tiene in piedi e ti fa resistere nella complicata attraversata che questa vita è.

Maria di Nazareth.
Beata.
Beata perché tu sei "Colei che ha creduto".

Contro ogni tua previsione ti sei trovata in situazioni impossibili. Umanamente ingestibili. Al di sopra delle tue forze di ragazza.

Dio ti ci ha messo, o così ha permesso.
E non ti ha detto come fare ad uscirne...
Ti ha fatto solo una promessa...
Che l'Amore in te avrebbe realizzato le sue vie, se solo tu gli avessi concesso la "via sacra" del tuo cuore.

E contro ogni umana sapienza sei stata "Colei che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,145)

Hai creduto alla concretezza dell'Amore.
Hai creduto di essere amata, ma veramente!


E questo ha germogliato in te una solidità e una forza inspiegabili... che si irradiavano dal tuo silenzio e dal tuo sorriso... dal tuo non giustificarti davanti a Giuseppe, dal tuo lasciar fare a Dio... dal tuo non aver paura della tua debolezza e dei tuoi stessi errori (Lc 2,49).
Dal tuo stare sotto la croce di Lui.
Dal tuo essere cuore orante della Chiesa nascente.

Insegnami, o Maria, ad accogliere e vivere di questo Spirito di fortezza!

Il vestito giusto per danzare la vita

domenica 27 maggio 2007 alle 21:03

Pentecoste è anche danza.

E danzare è semplicemente un bisogno dell'uomo.
Movimento, armonia, espressione dell'anima attraverso il librarsi leggero del corpo.
Liberare emozioni, cuore, vita e dare forma all'inesprimibile..

Non è successo forse tutto questo a Pentecoste, giorno benedetto che ha visto una ebbrezza sconosciuta irradiarsi nel mondo?

E' la scoperta esultante di aver rivestito finalmente la propria verità in questo mondo.

Come un vestito che finalmente, sì, è proprio quello giusto per te, quello che non ti senti più neanche addosso, fa parte di te, esprime chi sei.

Il Dono di Dio, lo Spirito, promesso, invocato, accolto, è questo tutto ciò che ci manca per danzare finalmente i giorni di questa vita. Lui oggi riceviamo e ne godiamo.

Se solo ci sbarazzassimo di tutti quei cenci che ci portiamo addosso!

Nudità del nostro essere che temiamo, ma che è tanto necessario raggiungere per essere ri-vestiti di Lui!

Ah, e come è vero per chi ha fatto della danza la sua vita così per chi ha ritrovato se stesso trovando o lasciandosi trovare da Dio: per danzare non serve nemmeno la musica! Il ritmo te lo senti venire da dentro e piedi si muovono da soli... così ci dicono gli appassionati!

E del resto...

...è danzando al ritmo dello Spirito che sono venuti a noi i santi.

Liberi, leggeri, senza il peso della terra, ma con il peso di quella Gloria di Dio che ha plasmato le loro personalità e colorato di gioia i nostri orizzonti.

Vento e Fuoco (II)

alle 17:27

[...] Ma lo Spirito si presenta anche sotto forma di fuoco.

Il fuoco svolge una triplice azione di: illuminazione, calore, purificazione.

Il fuoco, però, tende a propagarsi. E’ fatto per appiccarsi. Non riesce a stare nei propri limiti..

«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).

Cristo è piuttosto impaziente a questo riguardo.

C'è bisogno, perciò, di qualcuno disposto a lasciarsi... incen­diare.

Qualcuno che non abbia paura di scottarsi. Che non si manten­ga a distanza di sicurezza.

Per favore, amico, non scambiare il tuo pigro tepore con il fuoco divorante dello Spirito.

Avvicinati a questo fuoco.

Unisci la tua fiammella a questo colossale incendio.

Acquista la sua incandescenza. Sopporta le sue temperature. Non buttarci sopra le ceneri della prudenza per tenerlo a bada.

Bruckberger osserva con crudele ironia che «i discorsi dei par­roci non mancano no, di cuore. Ma è il loro cuore che emette suoni nasali!» Ciò si può dire anche di parecchi cristiani. E il guaio è dovuto al fatto che il loro cuore è protetto contro l'incendio dello Spirito dalle ceneri della paura, del calcolo, della «ragionevolezza», della timidezza.

Ci sono dei cuori che si difendono dal fuoco, lo circoscrivono, lo attenuano, cercano di limitarne i danni, invece di buttarvisi dentro.

Soprattutto, sii disponibile alla dolorosa azione purificatrice del­lo Spirito.

Il fuoco, per trasformare, deve liberare la materia da tutte le impurità, le scorie, le macchie.

Non c'è conversione senza cambiamento, e non c'è cambiamen­to senza purificazione, e non c'è purificazione indolore.

Non c'è trasfigurazione senza faticosa ascesi.

Devi affidarti al fuoco se vuoi che la tua vita acquisti trasparenza.

«Ciascuno sarà salato col fuoco...» (Mc 9,49).

Dunque. Sei disposto a non difenderti dal fuoco?

Accetti questo incendio di Dio nella tua vita?

Bada che, in questa prospettiva, possedere lo Spirito significa... maneggiare il fuoco. Significa diventare persone che non sono mai innocue, di fronte alle quali non si può restare indifferenti. Crea­ture che lasciano il segno...

La familiarità col fuoco si esprime attraverso una fede con­tagiosa.

Devi essere luce, sale (il sale brucia, ha il fuoco dentro!), lievito.

Il tuo compito non è di rassicurare, ma di provocare.

Guai se ti riduci ad essere la camomilla, il benefico tranquil­lante di quanti ti avvicinano.

In tal caso la Pentecoste è una festa che non fa per te.

(A. Pronzato)

Vento e Fuoco

alle 11:22

Lo Spirito è il grande Protagonista della festa di Pentecoste. Il suo arrivo è segnalato con due immagini: quella del vento e quella del fuoco.

Il vento è imprevedibile.

«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3, 8).

Aprirsi all'azione dello Spirito, significa diventare creature «sor­prendenti», inspiegabili. Che non seguono le traiettorie obbligate del buonsenso, le strade battute della mediocrità generale, gli itine­rari programmati del «fanno tutti così», né i sentieri ben segnati dell'abitudine e delle ripetizioni.

Non per nulla i primi monaci venivano chiamati «figli del ven­to», proprio per l'imprevedibilità della loro azione e delle loro iniziative, per la novità sconcertante dei loro gesti.

La vita cristiana è fedele allo Spirito nella misura in cui dimostra di essere capace di «sorprendere».

Il vento è inafferrabile. Non lo si può ingabbiare, amministrare, controllare.

Nessuno è libero come un santo.

Nessuno è meno addomesticabile di una creatura afferrata dal­lo Spirito.

Il vento è inarrestabile. Nella sua azione irresistibile, travolge tutti gli ostacoli, spazza via le paure, scuote i pregiudizi, scrolla le sicurezze, fa piegare le resistenze più accanite.

Non è possibile fermare il vento.

Occorre abbandonarsi alla sua forza travolgente, assecondare il suo movimento impetuoso e lasciarsi trasportare nella sua direzione.

Il vento si diverte a portarci dove noi non vorremmo.

Niente paura. Andiamo a sbattere... in qualche mondo nuovo. Si va ad approdare a qualche «terra nuova».

Il vento, dunque, è una realtà dinamica, non statica.

Non lo si possiede. Si è posseduti da lui.

Non si comanda al vento. Ci si mette a sua disposizione.

Il vento non lo si spiega. Se ne vedono gli effetti.

Al vento non si può imporre una direzione o una misura. E’ lui che fissa la direzione e stabilisce la misura.

Una persona amica dello Spirito la si riconosce perché è una creatura di movimento.

Certe persone cosiddette spirituali, invece, pare abbiano addos­so ‑ come direbbe J. Cardonnel ‑ più piombo che ali, tale è la pesan­tezza e l'immobilismo che le caratterizzano. In realtà non conoscono neppure di vista lo Spirito, altro che essere familiari con Lui! Lo confondono col loro... fiato corto.

Proviamo a riflettere. Accogliere lo Spirito, nella propria vita, significa accogliere il vento.

E quando entra questo vento impetuoso, nel mondo o in un'e­sistenza personale, c'è una sola certezza: niente rimane come prima.

Lo Spirito ha la pessima abitudine di non lasciare stare come sono né le cose né le persone. Si diverte a non lasciare niente e nessuno al proprio posto.

«Questi uomini gettano il disordine nella nostra città» (At 16,20).

La colpa non è loro. E’ del vento.

... di A. Pronzato [... continua più tardi...]


Senza lo Spirito Santo...

venerdì 25 maggio 2007 alle 22:00

SENZA LO SPIRITO SANTO, Dio è lontano,


il Cristo resta nel passato,


il Vangelo è lettera morta,


la Chiesa una semplice organizzazione,


l’autorità un dominio,


la missione una propaganda,


il culto una semplice evocazione,


e la condotta cristiana una morale da schiavi.


MA IN LUI, Dio è una sinergia indissolubile,


il cosmo viene risollevato e geme nel travaglio del Regno,


il Cristo risuscitato è vicino a noi,


il Vangelo diventa potenza di vita,


la Chiesa significa comunione trinitaria,


l’autorità un servizio liberatore,


la missione una Pentecoste,


la liturgia un memoriale e un’anticipazione,


l’agire umano viene deificato.

Mi piaci o ti amo?

martedì 22 maggio 2007 alle 23:46

Da lontano il Signore mi è apparso, dicendo:
Sì, ti ho amata di un amore eterno;
per questo ti ho attirata con benevolenza (Ger 31,3).

Vi ho amati, dice il Signore (Mal 1,2).

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34).


Alcune suggestioni lampo (anzi una sola per ora) al termine di questa giornata, dopo un bell'incontro con alcuni vescovi che partecipano alla 57a assemblea generale della CEI.

Ne prendo una, tra le molte che mons. Edoardo Menichelli, vescovo di Ancona-Osimo ha lanciato ai nostri ragazzi.

E' una domanda molto semplice che ha rivolto loro (la riporto un po' a parole mie perché a quest'ora sono veramente cotto...):

Sapete cosa significa dire "mi piaci" e cosa invece significa dire "ti amo" ad una persona?

Sapete la differenza tra queste due parole?
E' meglio saperla per non usare falsamente le parole... e la vita...

"Mi piaci" si può dire tante volte, a tante persone...

"Ti amo" si può dire solo una volta, e non si può più tirare indietro.

"Mi piaci" può portare facilmente ad usare le persone... e a farsi usare...

Con il "ti amo" ti giochi la vita, per sempre...


A voi tirare le somme...

Unire senza confondere, distinguere senza dividere

domenica 20 maggio 2007 alle 16:17

E' già il pomeriggio di questa domenica dell'Ascensione e ancora mi vengono in mente queste parole del Signore dette prima della separazione dai suoi discepoli, prima della passione.
Sono parole che dicono bene il senso anche della separazione che avviene al momento in cui Gesù ascende al Cielo, sottraendosi a quel contatto visibile cui gli apostoli si erano ormai abituati:

Vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada... (Gv 16,7a)

Ma come? Come può essere un bene questa separazione?
Separazione da chi è ormai il senso della tua vita?
Ogni distacco per noi è non-senso, è quanto di più doloroso ci possa capitare.
Distacco da chi si ama, da chi si è riamati, da chi è sicurezza, affetto, dono di verità e presenza ricca di vita e significato.

Eppure...

Eppure l'amore nella sua verità, che è Dio, si è rivelato come Colui che per primo accetta, o subisce su di sé questa separazione. Necessaria per dare la vita. Perché sussista una libertà che possa liberamente scegliere, liberamente pensare ed amare...

La creazione, se rileggiamo il libro della Genesi, avviene per successive separazioni: la luce dalle tenebre, le acque dalle acque, la terra dal mare...
Mi piace pensare soprattutto a questa immagine della massa azzurra delle acque che si ritirano perchè possa emergere qualcosa di totalmente diverso - la terra - e anche lì germogli la vita... ma non la vita che nasce e brulica nelle acque, ma una vita e forme di vita totalmente diverse... ma sempre vita.

Mi piace pensare a questa immagine come ad una figura di ciò che Dio ha fatto per me, per noi.
Egli si è ritirato perché io potessi emergere come persona libera, e liberamente, anche a tentoni, cercarLo, scoprirLo, amarLo... ma liberamente.
Se fosse brillato a me nel suo splendore di bellezza la mia libertà paradossalmente ne sarebbe stata schiacciata. L'avrei contemplato e basta e la mia personalità non sarebbe mai esistita.

Che grande questo Signore che umilmente si fa da parte, quasi scompare dalla creazione, perché essa possa esistere!

E la stessa cosa in fondo si ripete oggi, con la separazione dell'Ascensione.
Il Risorto ci ha affascinato con la sua gloria, i nostri cuori impazziscono di gioia quando lo possiamo stringere ed avere tutto per noi. I discepoli non cessano di fissare il cielo quando una nube lo sottrae infine al loro sguardo (cfr. At 1,9-10).

Eppure...

Vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada...

... perché se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore (Gv 16,7)

Questa separazione è amore. Anche questa separazione è amore che si rivela.
Amore che nella libertà che innalza ed esalta davanti a sè (la mia libertà) promette in realtà una comunione inimmaginabile.

Una comunione nella distinzione, una vera comunione di una profondità divina: avremo il Suo stesso Spirito che abiterà in noi! Una cosa sola in lui come Lui è una cosa sola con il Padre nell'unità di un solo Spirito d'amore.
Una cosa sola ma diversissimi. E questo è Dio.

Verso l'alto

venerdì 18 maggio 2007 alle 18:52


Originariamente, la Chiesa celebrava l`Ascensione del Signore insieme con la solennità della Pentecoste. Conosce questa prassi la Chiesa di Gerusalemme ancora alla fine del secolo IV. Nel giorno lella Pentecoste, nel pomeriggio, i fedeli si recavano al Monte degli Ulivi dove, nella chiesa che ricordava l`Ascensione del Signore, si leggevano i brani della Sacra Scrittura riguardanti l`Ascensione, nonché si cantavano le antifone e gl`inni. Nella seconda metà del secolo IV l`Ascensione del Signore costituisce già una festa a parte e viene celebrata quaranta giorni dopo la Risurrezione; nel V secolo, è già comunemente conosciuta. Ne parla san Giovanni Crisostomo. Sant`Agostino scrive, che «il giorno di oggi viene festeggiato in tutto il mondo». Si sono conservate le omelie del papa Leone Magno pronunziate in questo giorno. Nel canone romano della Messa si ricorda l`Ascensione di Cristo chiamandola «gloriosa», ed i Sacramentari romani contengono formulari di Messa per questo giorno. Nel Medioevo, compare la processione, che doveva ricordare il cammino di Cristo con i discepoli verso il Monte degli Ulivi, quasi ad esprimere l`entrata trionfale del Salvatore in Cielo.

Nella cattedrale di Milano si innalzava il cero pasquale per simboleggiare l`Ascensione del Signore ed in alcune chiese tedesche si innalzava la Croce. Il costume della processione dura ancora oggi.

Dopo la sua Risurrezione, Cristo si manifestava ai discepoli ed ai loro occhi si è innalzato al Cielo. Lui, nostro Signore e Signore di tutto, il vincitore del peccato e della morte, oggi ascende al Cielo. Ha adempiuto l`opera di salvezza e adesso siede alla destra del Padre. E il Mediatore tra Dio e gli uomini e perciò, andando via, non ha lasciato l`uomo nell`abbassamento: egli ci precede nella patria celeste, in lui la nostra natura umana è stata già introdotta nella gloria. L`Ascensione di Gesú al Cielo è la nostra vittoria: ci dà la speranza che insieme con lui saremo nella stessa gloria. Siamo i membri del suo Corpo, per questo saremo uniti a Colui che è il nostro Capo.

L`Ascensione al Cielo del Signore è l`inizio della glorificazione dell`uomo, ma è anche l`impegno nella nuova vita. Giorno dopo giorno, dobbiamo cercare le cose di lassú, innalzarci con lo spirito alla vera patria, vivere desiderando il Cielo dove si trova Cristo, quale primo degli uomini. Il Cristo, che è salito al Cielo, rimane con noi tutti i giorni: vive nella sua Chiesa e attraverso la Chiesa continua l`opera della salvezza. Il Cristo salito al Cielo ritornerà nell`ultimo giorno, lo vedremo venire di nuovo.

O Cristo, scendendo dal cielo in terra,

come Dio facesti risorgere con te il genere umano

dalla schiavitú dell`inferno cui soggiaceva,

e per la sua Ascensione lo riconducesti al cielo

facendolo sedere con te sul trono del Padre tuo,

perché sei misericordioso ed amante degli uomini.

(Liturgia Bizantina, EE, n. 3151 )


13 maggio: una vita sotto il suo sguardo

domenica 13 maggio 2007 alle 10:43

Il mese di maggio è per me carico di ricordi, dolci e vivi.
Tra questi doni di cui è carico il mio zaino da viaggio, in cui sto frugando con la mano, ripenso oggi - anniversario delle apparizioni di Maria a Lucia, Giacinta e Francesco - al pellegrinaggio fatto a Fatima insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle.
Certe cose è impossibile dimenticarle. Ma non si possono dire a parole.

Ciò che sale dal cuore è la volontà di riaffidare tutta la propria vita a questa Madre.
Vi piace la foto di Lei? E' un foto fatta dalla cima del monte Sagro, sulle alpi Apuane...
Rende bene quello che le parole di Gesù hanno impresso in me, dette per me, per te, per la Chiesa e il mondo..quel venerdì... "Ecco la tua madre!".

La Madre i cui occhi sono sempre su di te.. la madre orante, la Madre che intercede affinché si compiano in noi i disegni di misericordia di Dio. Affinché la vita del Cristo nasca e ancora rinasca in noi.

Una Madre forte che rende forti, rende uomini veri perchè genera in noi la vita del Figlio.

Avete qualche dubbio? A me impressionano sempre quelle parole dette a quei piccoli bambini di Fatima, di una semplicità, ma anche profondità, verità e se vogliamo drammaticità sconvolgenti.
Sentite:

Nella primavera dell’anno seguente (1917) alla Cova preceduta da due lampi abbaglianti di luce ecco apparire sopra un piccolo leccio verdeggiante una Signora più splendente del Sole che con gesto carezzevole e voce rassicurante…: "NON ABBIATE PAURA. NON VOGLIO FARVI ALCUN MALE". Lucia domanda: "Da dove viene?". "VENGO DAL CIELO". E cosa vuole da me?. "SON VENUTA A CHIEDERVI DI VENIRE QUI PER SEI MESI CONSECUTIVI, IL GIORNO TREDICI, A QUESTA STESSA ORA. POI VI DIRO’ CHI SONO E COSA VOGLIO. RITORNERO' POI ANCORA QUI UNA SETTIMA VOLTA". "E anch’io andrò in cielo?". "SI". "E Giacinta?". "ANCHE LEI". "E Francesco?". "ANCHE LUI, MA DOVRA' DIRE IL SUO ROSARIO". Lucia dice di essersi ricordata di due ragazze che erano morte da poco tempo: "Maria das Neves è già in cielo?". "SI’, E’ LA'". "E Amelia?". "RESTERA' IN PURGATORIO FINO ALLA FINE DEL MONDO".

Non abbiate paura...
E' la madre che parla le stesse parole del Figlio.
Andremo in Cielo? Chiede la piccola Lucia.
Ossia: la mia vita si compirà? si realizzerà per l'immenso destino per cui esiste?


Il Signore "non vuole lasciarci nei nostri interiori turbamenti, originati dai nostri dubbi e dalle nostre incertezze sul futuro e sul fine ultimo della nostra esistenza; vuole soprattutto che la nostra fede non abbia a perdere di vista l'obiettivo principale della vita e la meta finale a cui aspiriamo e che dobbiamo raggiungere.

"Io vado a prepararvi un posto" – Il posto di cui parla Gesù non è riferibile alle nostre attese e desideri terreni; non è il posto a cui aspira ogni persona per avere una vita dignitosa e il necessario per vivere. Si tratta del posto finale, della dimora in Dio per l'eternità" (Monaci Silvestrini).

Oggi riaffidiamo a Dio per le Sue mani tutta la nostra vita.
Con le sue paure i suoi smarrimenti, le scelte drammatiche davanti e dietro di noi. Chiedamole di custodire e di svelarci la nostra Vocazione d'Amore.

Che il nostro viaggio ci porti a quella Purezza che è gioia senza confine nella Comunione d'Eternità in cui ogni lacrima sarà asciugata.


E tergerà ogni lacrima dai loro occhi

domenica 6 maggio 2007 alle 12:35

Io, Giovanni, vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 1-5).


La seconda lettura di questa V domenica del tempo di Pasqua è tratta dal libro dell'Apocalisse, un testo che istintivamente in genere non fa pensare a scenari tanto rosei...
Eppure non è proprio così.
L'Apocalisse è uno sguardo sulla storia umana, ma dal punto di vista di Dio.
E se non vengono taciute le prove angosciose che questa vita riserva e la misteriosa presenza del Male e della sua assurda volontà di morte, non si asseconda nemmeno quella traiettoria della disperazione umana che ci porterebbe a rigettarci nel nulla da cui veniamo.
Siamo al cap. 21, ormai prossimi alla fine del libro che appunto della fine parla.
Ma non è una fine senza speranza.
Piuttosto, un nuovo inizio.
Giovanni, l'uomo chiamato a vedere le cose secondo la prospettiva di Dio vede adesso, dopo tutti gli immani sconvolgimenti della storia, qualcosa di inimmaginabile, di radicalmente nuovo.
Un nuovo cielo e una nuova terra... che prendono il posto del cielo e la terra che gli occhi si erano abituati a pensare come unico teatro del dramma di questa vita.
Ma dov'è la novità?
Il mare non c'è più.
Che cosa significa?
Il mare nella Bibbia, e in particolare nel libro dell'Apocalisse, è il simbolo del male, di quell'abisso irrazionale da cui provengono le seduzioni che rendono l'uomo schiavo e vittima di inganni dolorosi e tragici.
Questo mare non c'è più. Definitivamente.
Alla fine di questa traversata complicatissima che è la vita non c'è il nulla e la sua assoluta solitudine, ma una Presenza amorosa, un dono nuziale, una comunione eterna.
Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".
Le lacrime non saranno risparmiate in questa vita e non sappiamo chiaramente perché.
Sappiamo però che nemmeno una di esse cadrà a terra inutilmente, se ci apriamo alla fiducia (e forse nemmeno se non ci apriamo, basta uno spiraglio di speranza). Anzi... nessuna lacrima cadrà a terra, perchè tutte sono raccolte nell'otre di Dio, contate, misurate, non dimenticate.
Dice Sal 56,9: I passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell'otre tuo raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro?
E alla fine ogni lacrima sarà asciugata su ogni volto, perché non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno... le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

Cosa succede in fondo al branco

giovedì 3 maggio 2007 alle 22:25

[...] Signore. Anch'io faccio parte del tuo folto gregge. Ma ho la maledetta abitudine di stazionare sempre in coda al gruppo. sì, lo sai benissimo, anche se fingi di non accorgerti, sono una pecora che ammina ciondolando in ultima fila.

Ora, vorrei descriverti che cosa succede in fondo al branco. In altre parole: il pastore visto dalla retroguardia del gregge.

Beh! quanto a mormorare, si mormora, eccome. La strada dif­ficile, le gambe che fanno male, il sole, la sete, la polvere che raspa in gola, e certi cani odiosi sempre pronti ad addentarti i garretti non appena accenni a una sbandata. E poi, Tu che cammini imper­territo con quel passo impossibile, per rispettare, immagino, degli appuntamenti di grandezza ai quali noi non abbiamo alcuna voglia di arrivare.

Ma perché ti ostini ad andare così in fretta? Perché quel passo irragionevole? Dove vuoi condurci? Non t'accorgi che non ce la facciamo, che il cuore pare sempre sul punto di scoppiare e il fiato si rompe in gola?

Oh! non lo metto in dubbio: il Pastore attraverso sentieri giusti mi guida (Sal 22,3), ma chissà perché quei sentieri sono sempre in salita... Non potresti trovare un itinerario meno impegnativo?

Noi in fondo al gruppo, camminiamo a testa bassa. E vediamo soltanto la strada con la sua polvere, i sassi, le spine. Non riusciamo ad amare quella strada impervia che ci scortica i piedi.

Lo so, dovremmo imparare una buona volta ad alzare la testa. A guardate verso di Te. Perché, allora, scomparirebbe la strada e avremmo gli sguardi puntati sul Pastore che diventa strada. (A.Pronzato)

 













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