Ancora a proposito di Zaccheo, riporto una bella testimonianza di Alessandro Pronzato:
Una domenica a Porto Azzurro, non precisamente a contemplare il mare stupendo che accerchia l'isola d'Elba. Ero all'ergastolo, inguainato nei paramenti sacri, addossato a un altarino traballante, là dove si incrociano i vari bracci del carcere tetro.
Seicento uomini condannati a vita che ti fissano, tra il curioso e il diffidente. Loro si presentano così: «ci hanno fermato l'orologio». Che tradotto suona: «ci hanno ucciso la speranza».
E’ arrivato il momento del Vangelo. Un'esperienza agghiacciante, che ricordo ancora come un incubo.
Mi sono ritrovato con un microfono sfrigolante davanti alla bocca. E le parole che stavano giù, a raspare in gola, e non si decidevano proprio a venir fuori.
Cinque minuti di silenzio allucinante.
Loro mi scrutavano, stavano sul chi vive, quasi mi sfidavano. Certo mi prendevano le misure.
E io mi domandavo, angosciato, che cosa potevo dire, e se avessi diritto di parlare.
Avrei voluto vederli quelli che, sulle riviste specializzate, teorizzano sull'attualizzazione del messaggio tenendo conto della situazione concreta degli ascoltatori. Avrei voluto vederli senza la penna in mano, e con quel microfono e soprattutto quelle facce davanti...
Sono stato salvato non dalle loro teorie, ma da Zaccheo. E’ stato lui a tirarmi fuori da quella situazione imbarazzante.
L'ho canonizzato immediatamente. Sì, per me è diventato san Zaccheo, protettore dei predicatori che, almeno qualche volta, provano vergogna a parlare. Può bastare un miracolo. L'ha compiuto, per me, all'interno di un ergastolo. Tengo le prove.
Non so perché, ma l'immagine di quell'omino che si lasciava scivolare giù dal sicomoro, frutto maturato alla luce improvvisa di uno sguardo, mentre la gente si scansava per non essere colpita da quel proiettile umano, mi si è imposta perentoriamente, quasi con forza.
Zaccheo me ne aveva messo in bocca una diversa.
Mi fidavo di Zaccheo, del suo intervento provvidenziale.
Ho spiegato che la fede di Zaccheo è nata « dopo ».
Precedente c'è stata la fede del Cristo.
Il Cristo ha creduto in lui, quando gli altri ormai l'avevano giudicato e liquidato definitivamente come un poco di buono, uno da cui stare alla larga.
Ho parlato per tre quarti d'ora ‑ me l'hanno detto gli altri ‑senza mai perdere di vista la sagoma di Zaccheo.
E ho concluso: « Gli uomini vi hanno giudicato e condannato. Si sono liberati di voi. Molti dei vostri familiari (e sapevo a che cosa mi riferivo) non credono più in voi. Li avete delusi. Voi stessi avete smarrito chissà dove la fiducia, non credete più in voi stessi. Ebbene, ricordatevi ‑ e qui ho cominciato ad adoperare il «noi» ‑che qualunque cosa abbiamo fatto, per quanto grande e opprimente sia il peso delle nostre miserie, per quanto buio sia il nostro passato, per quanto fallimentare sia stata la nostra vita finora, c'è Qualcuno che, nonostante tutto, continua ostinatamente a credere in noi e ad aspettarsi qualcosa di diverso da noi...
• Aver fede significa credere in Uno che crede in noi.
• Dobbiamo precipitarci, come Zaccheo, giù dall'albero delle rassegnazioni, dei rimorsi e delle paure, rispondere a una voce che ci chiama per nome, per rinfacciarci non le nostre malefatte ma le nostre possibilità ancora intatte ».
Alla fine, uno di loro, con la poesia nel sangue, ha sintetizzato la mia predica con un grido:
«Qualunque cosa Ti abbiamo fatto,
sia giorno anche per noi, o Signore!»
E' emozionante questa testimonianza. Questo epidisio di zaccheo dimostra come l'incontro con Gesù ti cambia la vita. perchè la persona che lo incontra si sente amato per quello é. Zaccheo testimonia che solo l'amore sentito spinge alla conversione.
Ciao p.salva. A presto
Pascal
E' proprio così caro Pascal.
Rendersi conto di essere guardati e amati così e riamare (per dono suo)allo stesso modo è ciò che rende questa vita piena di senso.
Un caro saluto.