Si tratta di una lettera indirizzata alle tre figlie, una sorta di “eredità spirituale”: è questo che Cosetta Zanotti, giovane autrice bresciana, affida alle pagine di “Noi Genitori & Figli”.
Quella che segue è una delicata riflessione sul significato della vita, sul dolore provocato da un grave lutto - la morte prematura del marito - e sulla ricerca di senso che ne deriva.
Una scrittrice rimasta vedova dialoga con le sue bambine:
accettiamo la sofferenza, essa non è l’ultima parola sulla vita
di Cosetta Zanotti
Carissime Laura, Andrea Grazia e Giulia, inizio questa lettera con un po’ di timore. È la mia riflessione sulla vita. Credetemi, non è semplice esprimere sentimenti e sensazioni che custodiamo nella parte più intima del cuore. Vorrei che leggeste queste righe con l’entusiasmo di chi sta per partire per un lungo viaggio, un viaggio nell’animo di un’altra persona per raccoglierne la memoria, perché tutto ciò che è accaduto e sta accadendo, non può perdersi... Vorrei che “mettesse radici in voi”. Questa è l’eredità che mi piacerebbe lasciare.
Ho deciso di scrivere prima di tutto per me stessa, perché ho bisogno di scaricare il peso di certi pensieri che sono ormai il mio e, di riflesso, se pur inconsapevolmente, anche il vostro pane quotidiano: lo intuisco dai vostri occhi. Ho la sensazione di essere come un grande albero grondante d’acqua dopo un copioso temporale che sente su di sé tutto il peso delle foglie e dei rami bagnati. Si sente quasi schiacciare e non aspetta altro che il sole per asciugarsi. Lui arriva sempre, come la Grazia di Dio, ma l’attesa a volte sembra non avere mai fine.
I vostri sguardi mi interrogano più di mille parole e forse vi chiederete perché non sia in grado di darvi una risposta. Una risposta capace di esaurire il mare di domande che affolla la vostra mente di bambine. Mi auguro che queste righe in un prossimo futuro possano esservi d’aiuto.
HO AVUTO LA SENSAZIONE
CHE PAPÁ FOSSE ANCORA CON NOI.
Oggi siamo andate al cimitero a trovare vostro padre. La giornata era splendida e c’era un silenzio inspiegabile.
Ho avuto la netta sensazione che papà fosse li con noi.
Che in quel momento non fossimo di fronte alla sua tomba, ma fossimo in sua compagnia. Mano a mano cresceva lo sgomento. Ho provato un dolore indicibile, accompagnato però da una gioia immensa. Era come se una voce mi dicesse: «Ci sono, sono sempre con te».
Se avessi potuto fermare il tempo in quel momento l’avrei fatto. Non ho saputo trattenere le lacrime e per mascherare un certo imbarazzo mi sono chinata verso Giulia che giocherellava con i sassi. Vi osservavo. Eravate occupate ad accarezzare la sua foto e poi il crocifisso, a curare i fiori e a raccogliere i sassolini lì a fianco.
Mi sono chiesta se la percezione, così netta, di quella presenza fosse uno scherzo della mente. Potrei ipotizzare che, anche se per pochi istanti, l’immaginazione possa aver avuto il sopravvento sulla ragione, ma non credo sia stato così. Penso piuttosto che la fede sia più “dentro” la realtà di quanto non immaginiamo.
Esiste una dimensione dell’amore che non ha confini né di spazio né di tempo e in quel momento l’ho attraversata. E stato come una vertigine quest’incontro. Così intimo, da farmi credere di essere a metà tra la terra e il cielo.
[... continua]
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