La vita di Dio (II): quando le parole non bastano all'Amore

giovedì 7 giugno 2007 alle 12:30
Caro Anonimo, mi chiedi quando la Chiesa ha cominciato ad usare il termine "Trinità" e così mi fai scrivere volentieri due cose su quello che avevo riflettuto e condiviso con alcuni amici domenica scorsa in cui appunto si celebrava nella liturgia il mistero della SS. Trinità (e che non ho postato per mancanza di tempo).


Le parole ci piovono addosso e ci rimbalzano nella testa ogni giorno con un'invadenza impressionanante. Ne siamo invasi: pubblicità, discorsi, libri, giornali, televisione, prediche, politica, teoria... (blog!)...
Ci siamo noi stessi abituati a parlare su tutto e di tutto.. e siamo ormai portati a collegare così strettamente parole e verità che quando abbiamo "pensato" bene, riflettuto bene, teorizzato bene su qualcosa ci sembra di aver già fatto tutto!
Ma la realtà è ben altro rispetto alle nostre parole...

Mi colpiva nel vangelo di domenica scorsa questa parola del Signore. Parlava ai suoi discepoli in un momento supremo di rivelazione, prima della sua Passione: "molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete ancora capaci di portarne il peso, ma quando verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16,12-13).

Un invito a rendersi conto che sopra la nostra testa rimangono un'infinità di cose che non sappiamo, a rimanere aperti alla domanda e alla meraviglia. Quando pensiamo di sapere qualcosa e quel qualcosa ce lo facciamo bastare per sentirci qualcuno o imporci sugli altri, ci siamo tagliati fuori da questa possibilità di discepolato della Verità senza fine...

Aperti alla meraviglia significa essere attenti a quel linguaggio che supera ogni parola umana.
Quel linguaggio che Dio preferisce.

Parlare di Dio Trinità significa usare un concetto consolidato nella tradizione teologica, frutto di ascolto orante e di riflessione di intere generazioni di cristiani e non ci deve assolutamente soprendere che non ci sia nella Bibbia. Perché?

Beh, prima vi farei una domanda... Chi è Dio per voi, avete una definizione semplice?
Quella che è un po' sulla bocca di tutti e molto scontata è: Dio e amore!
Verissimo e giustissimo.
Forse non c'è definizione migliore... ma ha il limite appunto di essere una de-finizione, una de-limitazione... ma di che? Cosa c'è dentro? e soprattuto oltre questi limiti?

Il modo di rivelarsi di Dio è sempre oltre le definizioni. Che comunque servono, altroché, ma vengono dopo. Dopo l'esperienza di un altro tipo di linguaggio. Partire dalla definizione è pure possibile, ma fermarsi lì senza imparare questo linguaggio è un grande inganno che non porta a niente di bello.

Ma di che linguaggio parlo? Provo a dirlo come lo capisco io...

Sapete che nel vangelo non c'è mai scritto che Dio è Trinità.. e questo non vi sorpenderà tanto, anzi qualcuno dirà: visto che la Chiesa, i preti si sono inventati un sacco di roba?

Bene. Ma non c'è nemmeno scritto nei vangeli che Dio è amore!
Non scherzo, non c'è proprio scritto.
"Dio è amore" lo dice non Gesù ma già la Chiesa nella persona dell'apostolo Giovanni in una sua lettera (1Gv 4,8.16). Certo anche questa è Parola ispirata da Dio... ma colpisce che i vangeli, che più di ogni altro scritto dovrebbero svelarci il mistero del Dio fatto uomo non arrivino a tale "definizione" sublime! Perché?

Penso ai nostri genitori.
Non è che prima che nascessimo si sono messi lì a teorizzare come ci avrebbero voluto bene.
E quando siamo nati non si sono messi a farci "catechesi" e proclami su come intendevano farci del bene, su quello che avrebbero fatto per noi. Non ci hanno riversato addosso astrazioni e concetti, idee o teorie.
Prima che noi fossimo in grado di ripetere mamma o papà ci hanno prima di tutto accolto (e di questi tempi già nascere e non essere abortiti per i più svariati motivi è una grazia), ci hanno nutrito, abbracciato, sorriso, e pulito tutte le volte che ce la facevamo addosso....
Certo, almeno così sarebbe dovuto essere per tutti. Ma la delicatezza di questo "insegnamento" senza parola è così grande che tutte le volte che qualcosa non ha funzionato si sono riportate ferite che segnano per tutta la vita. Ferite che rimangono a prescindere dalle parole che dicono che va tutto bene.

Apro il vangelo allora. E vedo una Parola che per parlarmi si fa muta, piccolo infante (in-fans: che non parla). Il Figlio di Dio che si fa servo e nasce nella povertà, nella persecuzione e negli stenti di una vita nascosta.

Un Dio che prende la mia carne, la mia umanità, con tutti i suoi limiti, con la sua morte.
Un Dio che cammina e mi cerca, affaticandosi, sulle strade che io percorro tutti i giorni sbadatamente.

Un Dio che tocca le mie profonde ferite, che circonda di tenerezze chi sa solo pensare freddamente a se stesso. Un Dio che per me è rinnegato, sputato, condannato, affisso al legno della vergogna...

e seguendolo fino in fondo, passo passo non sentirò mai la parola amore...
No.
Fino a quando sotto quella croce forse mi si potranno aprire gli occhi.
E capire che quella parola non sarebbe mai bastata.
E' una parola che esplode se colmata da questa vita donata senza fine per me.

Giustamente un discepolo, Giovanni, sotto la croce, la può imparare e ridire ai suoi fratelli.
Ma lui che é Amore si comunica come vita e non come teoria dell'amore.

Lo stesso dicasi quindi per quest'intima vita di Dio che si rivela nel Cristo.
Guardando Lui vedo l'imponenza grandiosa della sua umanità e il suo vivere totalmente per un Altro. Il Padre. Lui che dice di essere con Lui una cosa sola, nell'unico Soffio di Vita che è lo Spirito che comunica a noi sua Chiesa questa stessa vita divina.

La Scrittura ci consegna un'esperienza. Esperienza che si fa vita nella Chiesa di tutti i tempi. Esperienza in cui lo sguardo amante e ragionante fissa il suo sguardo e cerca a tentoni delle parole che possano balbettare qualcosa di questo Mistero.

La parola latina "trinitas" (equivalente del greco trias) è una di queste. La usa per primo Tertulliano (morto verso il 220) per affermare l'unità divina ed evitare contemporanemente di pensare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano la stessa persona, cosa che poteva succedere marcando troppo il concetto di "unitas". Per approfondire la questione si possono consultare tanti testi specializzati. Io suggerisco questo, che unisce rigore e chiarezza: L.F. Ladaria, Il Dio vivo e vero. Il mistero della Trinità, ed. Piemme, Casale Monferrato 1999, 3a ed. 2004.

I musulmani ci dicono: Dio è uno, come può avere un Figlio?
Noi rispondiamo: Dio è Amore, come può essere solo?

Dio è in se stesso Amore, a prescindere dal fatto che abbia creato e amato noi.
E' in se stesso Comunione di Persone, nella perfetta Unità e Distinzione.



1 Responses to La vita di Dio (II): quando le parole non bastano all'Amore

  1. Anonimo Says:

    http://apologetica-biblica.blogspot.com/

 













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