Educarsi alla reciprocità

giovedì 8 novembre 2007 alle 12:58

Fratelli, non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore (Rm 13, 8-10).

Era la prima lettura di ieri sera.
Paolo parla ai primi cristiani di un unico debito da non doversi mai saldare.
L'amore vicendevole. O, in altre parole, la reciprocità.

Educarsi alla reciprocità non è facile.

E' più facile essere o quelli che ricevono sempre, o quelli che danno sempre.
Un rapporto umano e ancor più cristiano così non può funzionare. Non funziona perchè se solo riceviamo o solo diamo, non c'è proprio rapporto, non c'è comunione.

E' senz'altro più facile ricevere. Chiedere, pretendere, avere diritti. Pensare di averli sempre. Spesso è questa la realtà concreta - infantile - che viviamo.

Se invece pensiamo al nostro "dover essere", spesso immaginiamo (e predichiamo - agli altri) l'amore come un dover dare sempre, gratuitamente, senza sperare ricompense. Ebbè non l'ha detto Gesù? Sento subito che mi dite... Sì certo, ma non so se le abbiamo capite proprio bene queste parole.

Già, perchè in Dio non funziona così. Non c'è uno che dà e basta. C'è assoluta comunione: ossia: il Padre è colui che da sempre dona tutto se stesso al Figlio ma il Figlio è appunto colui che riceve tutto dal Padre. Dare e ricevere sono allo stesso tempo e in modo indisgiungibile Amore, Spirito Santo. Senza contare poi che il Figlio a sua volta riama totalmente il Padre e quindi è il Padre poi a ricevere amore e obbedienza... ancora: Spirito Santo.

Ecco, quando tra due persone o più c'è questo dinamismo di vita di dare e ricevere (ma non dare solo per ricevere) c'è Dio tra loro e in loro.

Ma, dicevo, educarsi a questa reciprocità non è facile.

Occorre grande delicatezza. Io educo te tu educhi me. Se abbiamo chiaro l'obiettivo ci possiamo dare una mano insieme.

Primo: non nascondere o reprimere il proprio bisogno di ricevere dall'altro amore, stima, considerazione. Se lo reprimi ti illudi di amare... tanto verrà fuori mascherato in tanti altri modi. Meglio dirselo. Ma non farne nemmeno all'altro un peso, una condizione. Se lo dici, prima di tutto hai fatto un atto di onestà verso te stesso. Non sei un eroe. Sei come me e come tutti, anzi come Dio! Hai bisogno di ricevere amore. Se il Figlio non ricevesse amore dal Padre, nemmeno esisterebbe, anzi non esisterebbe Dio stesso!

Fare notare le mancanze di amore verso noi stessi (non sempre certo, ma neanche mai!). Con garbo, delicatezza. O come meglio vi riesce. Questo ovviamente con la persona, i fratelli o le sorelle con cui volete provare a vivere il vangelo che Paolo annuncia. Che è l'Evangelo di Cristo!

Nello stesso momento chiedersi se sappiamo avere verso l'altro le stesse attenzioni che desideriamo. Ma non è una cosa che possiamo fare da soli. Assolutamente no.

La reciprocità (l'amore) non si costruisce da soli: sarebbe una contraddizione in termini!

L'altro deve essere libero di dirmi cosa io non so fare, dove manco nell'amore, nell'attenzione. Una comunità, una coppia che si abitua a mandare giù rospi dalla mattina alla sera forse si sentirà eroica... ma non vivrà la comunione.. e prima o dopo esploderà. O imploderà.. le varianti sono diverse. Ma il risultato il medesimo: nessuna reciprocità, nessuna comunione.

Educarsi a questa reciprocità non è facile.

Ma se trovate qualcuno con cui potete fare questa esperienza benedite Dio con tutto voi stessi... sarete sulla strada verso il Paradiso. Anzi gusterete già su questa terra martirio e ricompensa, dolore e gioia, riso e pianto, croce e resurrezione.

Sì, perchè l'Amore è tutto questo. E ne vale la pena.
Un abbraccio a tutti.


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