Marta

mercoledì 7 maggio 2008 alle 22:50

Lc 10,38-42

38 Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". 41 Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola è la cosa di cui c' è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".


La visita di un profeta porta sempre con sé una benedizione. A questo deve aver pensato mio fratello Lazzaro la prima volta che ti ha aperto la porta di casa nostra. E dopo, tante altre volte hai varcato la soglia con un passo non più esitante se non per il passaggio brusco dalla luce violenta alla penombra. Scherzavi, dicevi che neppure Abramo era stato tanto sollecito verso i suoi ospiti, ma intanto cominciavi a sentirti di casa. Anche i tuoi discepoli lo sanno che Betania è una tappa obbligata quando siete in giro da queste parti; è per questo che si fanno da parte con discrezione per lasciarti in pace con il tuo amico.


Ma col tempo è diventato sempre più difficile difendere questa intimità: sei diventato famoso, tutti vogliono vederti toccarti parlarti e dicono che appartieni a loro non meno che ad altri. E hanno ragione, perché il Maestro è di tutti. Ma l'uomo no. Anche se non sembra, Lazzaro è un tipo deciso e ha incaricato un servo di stare sulla porta e di non fare entrare nessuno, cosa di cui penso tu gli sia grato. Solo i bambini riescono a sgusciare tra le maglie del servizio d'ordine, ma c'è un tacito consenso. Passano veloce­mente, si fanno benedire e poi corrono da me in cucina, perché dopo averti strappato la benedizione come Giacobbe, vengono a razzolare un po' di cibo come Esaù.


Neppure a me serve il lasciapassare, quando entro con la brocca in mano sono dispensata dal dare spiegazioni. Raramente restate davvero soli, c'è Maria seduta in un angolo che non perde una parola, fissandoti come se fossi un angelo. Credo che nes­suno ti conosca come lei. Ti guarda le mani e potrebbe dire quanti malati hai guarito questa settimana. Osserva una cica­trice e indovina come te la sei procurata. Che male c'è se la vedo lì seduta accanto a te? Beh, c'è che lei è nel posto sbagliato.


Non è una bella cosa nascere donna, ma se almeno tutte stessimo al nostro posto non farebbe poi tanto male. Ora è facile dire che in me parla la gelosia. Vogliamo chiamare gelosia il semplice desiderio di vedere apprezzati i propri sforzi? Chiamiamola pure così. E non mi vergogno a dire che vorrei far finta di inciampare e rovesciarti addosso questa brocca e poi gettarmi ai tuoi piedi confusa e continuare a dire «mi dispiace» mentre ti scuoterei l'ac­qua dai vestiti e passerei le mani sulle tue spalle. Siamo in tanti a volerti bene, ma non tutti sappiamo farlo come tu vorresti. Forse non sono capace di stare lì seduta ad ascoltare, forse sono solo una bambina che vuole attirare la tua attenzione, ma quando gli uomini entrano nel tempio non chiedono la stessa cosa all'Altis­simo? Non credo di avere meno fiducia in te di quanta ne abbia alcun altro. So che puoi fare cose grandissime, ma vorrei che ne facessi anche di più piccole. Penso a questo mentre sono rimasta qui sola.


Tu sei andato via, Lazzaro è andato via e anche mia sorella è uscita. Chi resta qui? Io. Ma la tua presenza si avverte ancora nell'aria, è qualcosa di denso come l'odore del gelsomino che prende alla gola e fa quasi soffocare. Potrei persino pian­gere, intanto che nessuno mi vede. Chissà se un giorno ti vedrò piangere... 0 le lacrime di un profeta sono riservate alle sorti di Gerusalemme? Piangeresti per Marta? Permetteresti alle lacrime di rigare il tuo bel volto? Lasceresti tutto quel che stai facendo per correre qui, a vedere se Marta è stata ancora la più forte, più forte anche della malattia e della morte? Certo che lo faresti, prendendo la mia mano nella tua, subito la febbre mi lascerebbe e tornerei a servirti. Questo solo sa fare Marta, ma ha fiducia in te e crede che tutto ti sia possibile. Verrà un giorno in cui questa casa resterà vuota e di Lazzaro, Maria e Marta si parlerà al pas­sato. Quel giorno, lascerò che sia tu a servirmi.


Da: G.L. Carrega, Un tempo per ogni cosa, Torino 2007.


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