I miei occhi hanno visto il Re

sabato 3 febbraio 2007 alle 23:20
Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».
Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo.
E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare.
Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato».
Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!» (Is 6, 1-2. 3-8).

Isaia nel tempio è sovrastato dalla Presenza.
Non si può vedere Dio e vivere dice Dio stesso a Mosè in Es 33,20. Eppure la sua vocazione coincide con questa misteriosa esperienza: "I miei occhi hanno visto il Re!".
Isaia ne sente tutta la "santità", è come schiacciato dalla totale alterità di Dio, dal suo essere sublime, eccelso, dal suo essere purezza e grandezza e maestà assoluta.
Verità e luce assoluta, davanti al quale tutto è trasparente.
Tutto è ombra al suo confronto.
Ohime! ('oy liy, in ebraico). Geme dolorosamente Isaia.
Sono perduto!
Sono un uomo dalle labbra impure!
Di fronte al manifestarsi di Dio vedo tutta la mia meschinità, la mia falsità.
Le mie labbra sono impure, ossia non dicono la verità.
Non la dicono perchè dentro di me vivo nella menzogna, nell'apparenza.
Amo l'apparenza e quindi senza che me lo sia mai detto vivo di menzogna.

Eppure!
E nonostante questo!

I miei occhi vedono il Re!
Ma rimane vero quanto detto: chi fa tale esperienza di Dio non può continuare contemporaneamente a vivere.
Non può continuare a vivere la vita cui era abituato.
Qualcosa deve morire. Per una rinascita.
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare.
Ci vuole un fuoco che distrugga in te l'uomo vecchio.
Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato».
E' un carbone ardente che toccando le labbra di Isaia le consuma perchè abitate dalla falsità e contemporaneamente le rinnova, perchè possano attestare la verità. E' tutto il suo essere ad essere rinnovato da questo incontro sconvolgente.
E un incontro identico e la medesima esprienza tocca un giorno ad un comune pescatore di Galilea, Simone figlio di un certo Giovanni. Così ci riporta il vangelo di domani Lc 5, 1-11.

In riva al mare di Galilea Gesù parla alla folla che lo circonda e fa ressa da ogni parte intorno a lui. Vede due barche ormeggiate. I pescatori dopo un'intera notte passata inutilmente a pescare per guadagnarsi da vivere, stanchi e amareggiati riassettano le reti. Cosa sarà passato nei loro pensieri tutta quella notte e quel mattino? Forse Simone avrà imprecato più del solito, forse contro Dio stesso e la sua ingiustizia. Perchè? Perchè? Gli avrà gridato. Come facciamo noi tante volte. Ma poi quell'insolita richiesta da quella specie di strano rabbino, di prestargli la barca. Ci mancava solo questo! Dopo il fallimento, la scocciatura di tutta questa gente capitata con questo maestro proprio qui! E che vuole la mia barca! Non si sa come, Simone acconsente. E piano piano, prima forse distrattamente, poi più incuriosito o attratto da non si sa bene cosa... cominicia ad ascoltare veramente, con i suoi mille dubbi.

Gesù finisce di parlare. Si volta proprio verso di lui. Lo guarda. E poi, quella rischiesta assurda: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca".

Simone ha un sussulto. Non capisce più niente. Tutta la sua lunga esperienza, la sua ragione "scientifica" gli diceva che era pazzesco, anzi una presa in giro, da parte poi di uno che sarà stato pure maestro della Torah, ma in fatto di pesca il maestro era senz'altro lui - Simone - e lui aveva di che insegnare. Cosa sono queste "ingerenze"? Ognuno stia nel suo campo.

Eppure.

Eppure quelle parole che aveva ascoltato non le aveva mai sentite prima. Ma se lo avessimo domandato a lui alla sera dello stesso giorno: ma che parole erano? Cosa ha detto oggi questo maestro di così sconvolgente? Simone forse non se lo sarebbe più ricordato... Già, non erano tanto delle parole in sè ad averlo colpito... (e infatti l'evangelista non ha trovato testimoni che le potessero ridire...) ne aveva sentite tante in sinagoga, come noi a messa. Era stata una immersione. Come quando ci si butta in mare. Si era ritrovato immerso in un'atmosfera che non aveva mai sentito e che cominiciava a crepare quel muro impenetrabile che aveva messo tra sè e quel Dio così ingiusto.

«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

Con questo suo gesto Simone, come secoli prima Isaia, entra nel tempio. E' vermanente come se entrasse nel tempio.E anche lui fa l'esperienza indicibile della "visione" di Dio.

E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore».

Come Isaia. Così Pietro. Avverte la santità di Dio. Tutta la sua miseria, il suo aver accusato Dio di fregarsene di lui e della sua famiglia. Si sente un verme. Allontanati da me! Sono uno schifo.

Come quando quel giorno, dopo aver promesso fedeltà incondizionata a Lui, per vigliaccheria avrà ancora imprecato e spergiurato per tre volte di non averlo mai conosciuto.

Anche quel giorno e forse ancora di più, Simone, o meglio, kefa - Pietro - la roccia (!) così Gesù stesso l'aveva chiamato, farà esperienza della santità di Dio. Incrociando il Suo sguardo.

Lo sguardo del Re.

Lo sguardo della santità stessa di Dio: l'Amore incarnato.

Sentire tutto il proprio peccato. Sentire quanto non sei amore. Quanto sei fatto di egoismo. Come non sei capace di fedeltà. Di perseveranza. Di spenderti per qualcuno che non sia il tuo interesse. Come non sei capace se non di pensare a te stesso. E agli altri in funzione di te. Se ti servono a qualcosa. Fosse solo per racimolare un po' di affetto... o un po' di gloria...

Eppure!

I miei occhi hanno visto il Re!

O meglio: Lui ha guardato me, proprio me!

Questo sguardo è quel carbone ardente preso con le molle dalla santità del mistero di Dio, dall'abisso del suo essere. Amore.

Un fuoco che ti fa morire. Muore finalmente l'uomo vecchio che non sa amare.

Rinasce in te la tua vera identità. Non temere!

«Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Con lui... dovunque egli vada (Ap 14,4) ... noi ci saremo?



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