Una immagine per due

mercoledì 14 ottobre 2009 alle 15:44



di p. Michele Lavra S.I.


Durante un campo di lavoro estivo Gianni e Luisa avevano conosciuto un prete slavo che compiva i suoi studi di specializzazione a Roma. Ne nacque una bella amicizia e un paio d’anni dopo fu proprio lui a benedire il loro matrimonio. L’omelia che tenne in quell’occasione è rimasta profondamente impressa sia in lei sia nel marito. Era un discorso non facile e forse molti degli invitati non hanno seguito i vari passaggi; ma per i due è stato il culmine di altre riflessioni sviluppate in preparazione al matrimonio. La pagina biblica scelta come prima lettura era Genesi 1; nel suo commento il sacerdote mise in evidenza che il testo parlava di una sola immagine per due.

Riascoltando la registrazione,

ecco alcuni passi più significativi

rimessi in un italiano più scorrevole.

La piena comunione dell’uno con l’altra è il sogno-desiderio di una vita a due; ma si tratta di una comunione dinamica, così come è dinamica ogni vocazione in quanto realtà da scoprire e realizzare progressivamente. Con il passare degli anni la fisionomia interiore di ciascuno è sempre più frutto della loro storia a due. Più imparano a tirare giù le maschere e ad aprire gli angoli riservati, più crescono in umanità e ciascuno può dire del partner: è l'altro che mi ha fatto me stesso. Una relazione profonda con l'altro risveglia contemporaneamente ambedue le intimità: più l’altro entra nella tua vita, più tu stesso entri nel santuario della tua intimità, perché l’intimità non è un rifugiarsi dentro ma un lasciarsi visitare dall'altro accettando la relazione. Con il crescere dell’amore-accoglienza dell’altro, scopri sempre meglio l’impronta originaria impressa da Dio nel fondo del tuo essere. Si tratta di una sola immagine per due, cioè di una pienezza di umanità sperimentata proprio nella comunione tra due esseri.

Nel linguaggio quotidiano, parliamo di due cuori e un’anima sola. Nel linguaggio della teologica trinitaria, possiamo dire che crescendo nella vera intimità ci si scopre sempre più uguali e insieme distinti. Uguali in umanità e creaturalità, in dignità e figliolanza adottiva; distinti e diversi invece nel vivere ed esprimere tutta questa ricchezza, perché un'impronta maschile o femminile segna il corpo l'anima e lo spirito. Aiutando l'altro ad essere se stesso si diventa sempre più se stessi. Né maschilisti né femministe, ma maschio-femmina insieme per creare l'umanità in senso pieno. Questo è un dono e una vocazione.

Genesi 1 invita a una intimità relazionale espansiva. La differenza sessuale nella corporeità è segno della differenza e complementarietà nell'anima e nello spirito. Questa differenza, sottolinea la pagina biblica, è apertura alla fecondità, desiderio di dare vita ad un altro essere come frutto dell’amore sovrabbondante dei due. Uno per due si fa così due per tre. Il dinamismo dell’amore rimarrebbe bloccato se non si espandesse così; comprimendone il movimento, si rischierebbe di rimanere in una mediocrità poco generosa, o peggio ancora in un egoismo a due ben calcolato. Aprendo invece questo circuito trinitario, si allarga continuamente l’orizzonte: ora il figlio dilata l’amore della coppia; domani sarà lo stesso figlio ad espandere l’amore ricevuto in amore offerto e disponibile per altri.

Genesi 1 parla inoltre di intimità feconda aperta sul mondo: "Siate fecondi, moltiplicatevi e dominate la terra". Alla coppia, non a uno di loro, è affidato il compito di governare il mondo. E' vero che Genesi 2 ci parla di Adamo che lavora solitario nel giardino; ma il testo dice che proprio questa solitudine fa problema, che si tratta di un impegno cui manca qualcosa di essenziale, la gioia di vivere che sgorgherà come un canto davanti alla donna "carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa". Nella creazione intera deve rifluire la ricchezza della vita di coppia. Quanto più si sentirà l'effetto di queste due presenze uguali in dignità, ma distinte e complementari, tanto più i vari spazi della nostra vita terrena - la famiglia, la società, la chiesa, la politica, l'economia... - acquisteranno in umanità e corrisponderanno alla vocazione originaria. E quanto più la coppia sarà impegnata concretamente nella storia in unità di intenti, tanto più l'intimità tra i due diventerà ricca e gioiosa, non sottoposta al logorio del tempo.

Alla parte centrale dell'omelia

segue ora una testimonianza diretta

di Gianni e Luisa.

Tante volte queste riflessioni sono state per noi oggetto di verifica nel corso degli anni! Sia Gianni sia io abbiamo anche passato dei momenti difficili nei primi tempi del matrimonio, durante i quali abbiamo avvertito la tentazione di delimitare ciascuno i propri spazi e di esigerne dall'altro il rispetto. A volte l’uscire dalla riserva ha richiesto tempi lunghi. Ricordo come ho dovuto modificare le mie pretese di cambiare mio marito su certi punti. Non mi piaceva ad esempio il suo modo di difendere a spada tratta la sua famiglia di origine tutte le volte che capitava di parlarne; d’altra parte vedevo che in questo gli era davvero difficile mettersi in discussione. Ma un giorno rimasi piuttosto colpita leggendo il seguente passo dell’Apocalisse: “Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno mi apre...” Ho sentito dentro di me come una domanda: se il Signore, che potrebbe entrare quando vuole nella nostra vita, è così paziente e rispettoso, perché non impari da lui? Da allora ho cominciato a moderare le mie pretese, a essere meno impaziente e impulsiva; poi ho scoperto che in modo imprevisto ha cominciato a cambiare anche lui. Oggi su quel punto si può parlare finalmente con libertà e senza inalberamenti.

Abbiamo rimandato forse troppo a lungo la decisione di avere un figlio: dubbi vari, mancanza di generosità, soprattutto paura di scombussolare un equilibrio ormai raggiunto tra noi due. Ci ha sbloccati l’incontro con una coppia che aveva vissuto queste cose e che le aveva già superate. Ascoltando la loro testimonianza durante una giornata per coppie, ci siamo resi conto di quanto eravamo prigionieri di paure e di calcoli troppo umani. Nel periodo successivo a questo incontro abbiamo preso coscienza che il nostro amore non ci bastava più; che una prima fase del cammino a due era trascorsa e che occorreva immettersi in un'altra fase; che al tempo per affinarci nella conoscenza e nell'amore reciproco doveva ora subentrare il tempo di aprirci al terzo. E’ maturata così la decisione di mettere al mondo il primo figlio, un paio d’anni più tardi il secondo, poi un altro. Quando è venuto al mondo il primo, si è davvero inserito tra noi un altro essere: una presenza in genere silenziosa (era molto bravo), ma talvolta anche disturbante (soprattutto di notte!). Lui, un bel maschietto, ha modificato non solo i nostri orari ma anche i nostri schemi. E quando è nato il secondo, altro scombussolamento. E poi il terzo. E poi i compagni di asilo e di scuola. Mio marito ed io abbiamo appena superato i quarant’anni; ci accorgiamo di come la vita ci sta portando a dilatare sempre più la nostra capacità di amare: dall’intimità tra noi due all’accoglienza dei figli e poi degli altri, che stanno allargando sempre più le pareti di casa.

La vita ci sta insegnando a vivere meglio la vocazione ad essere una sola immagine in due, a sentirci sempre più un cuore solo e un’anima sola, con meno veli o maschere tra noi. Questo cammino di integrazione è stato lungo, faticoso, non senza sorprese, ma anche consolante. Alla collaborazione nelle cose comuni - ménage ordinario e manutenzione della casa e del giardino, problemi dei figli soprattutto nel settore scolastico, relazioni con i vicini e con gli amici.. .- si è aggiunta anche una buona comunicazione sui compiti affidati a ciascuno di noi in particolare: il lavoro di mio marito, la catechesi ed altri impegni in parrocchia per me... Abbiamo avuto sufficienti occasioni per riflettere che la consegna di impegnarci nella storia, quando davvero è affidata alla coppia e non solamente ad uno dei due, trova una risposta più ricca di umanità e più rispondente al progetto originario del Signore. L'aver pensato e spesso portato avanti insieme tante cose è proprio un grande dono. E di riflesso abbiamo sentito come tutto questo mondo di relazioni ha accresciuto il desiderio e la gioia dell'intimità tra noi.

"La Trinità" del pittore Andrej Rubliev è un’icona che ci è stata regalata per il matrimonio. Appesa nella stanza da letto, ci ricorda che il nostro amore viene sempre dal Primo Amore, che siamo fatti a immagine del Dio-Trinità, che la nostra famiglia deve modellarsi sui tre personaggi del dipinto: rivolti verso l’esterno, accoglienti e quasi invitanti a entrare nella loro cerchia familiare. "Voi non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio". Se il Signore ha aperto la sua casa a noi, perché noi non dovremmo tenerla aperta agli altri che lui ci manda?

Fin qui le testimonianze dei nostri due amici.

Martin Buber, grande pensatore ebreo morto nel 1965, ha scritto: "Non l'uomo individuo, non l'uomo massa, ma l'uomo-con-l'uomo è persona". La frase sembra una buona sintesi dell'alternarsi e contrapporsi di individualismo e collettivismo nella concezione dell'uomo, che la storia dell'Occidente ha conosciuto; insieme è una indicazione della visione ebraico-cristiana, dove "la persona" ha un peso particolare. Ma occorre riscoprire e approfondire la pista biblica tracciata già da Genesi 1: l'uomo diventa persona aprendosi all'altro che lo fa se stesso, perché si tratta di una sola immagine in due esseri. L'uomo-persona si svela perciò come un essere-in-relazione, dove la relazione fa parte essenziale della sua identità.

PER LA RIFLESSIONE

1. Prova a rileggere il testo biblico di Genesi 1, dove si parla chiaramente di una sola immagine per due. Alla luce delle riflessioni del sacerdote e delle esperienze di Gianni e Luisa, che cosa significa questo testo per te e per la tua vita di coppia?

2. Le riflessioni sull'intimità ti dicono qualcosa? Sai distinguere la vera intimità dall'intimismo: nella preghiera, nella vita di coppia, nella vita di famiglia...?

3. Nella vita di coppia la comunione tra le persone è una realtà dinamica, che si costruisce giorno per giorno. In un terreno così importante hai la sensazione di essere sulla pista giusta, oppure hai rinunciato a camminare e hai bisogno di rimettere in acqua i remi della pazienza e della speranza?

RIPRESA... PREGANDO

Signore, solo tu conosci fino in fondo

quello che sono, quello che sento, quello che vivo...

Fa' che il mio rientrare in me stesso

di cui ogni tanto sento il bisogno,

non sia un rifugiarmi lontano da tutti e lontano da Te

per starmene solo e pensare ai fatti miei,

ma un incontrare più profondamente Te e gli altri.

Varie volte ho già fatto esperienza

che quando non mi lascio visitare dagli altri manca qualcosa:

la mia gioia, quando sono nella gioia, non è piena;

la mia fragilità, quando sono nella debolezza,

è coperta dalla paura o dall'ipocrisia.

Insegnami a lasciarmi guardare, a lasciarmi accogliere, a lasciarmi amare.

Così diventerò più umano, più me stesso:

nella crescente comunione con gli altri,

in una relazione personale che mi renda sempre più autentico.


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