Quando andare a scuola costa fatica

martedì 16 ottobre 2007 alle 22:20

Approfitto di questo mio periodo di permanenza a Vohemar per metter giù qualche riga per la rubrica che ci viene gentilmente offerta su In Cammino. Qui, tra una visita e l’altra alle nostre scuole sparse nelle campagne, al dispensario che assiste i bambini a noi affidati, trovo un po’ di tempo in più. Sono sempre in ritardo con i contributi - il Direttore me lo rimprovera sempre - ma qui tutto scorre ad una velocità diversa e ci si abitua…

Ieri abbiamo visitato il villaggio d’Anjavibe, a 60 Km di pista da Vohemar. La strada è brutta, ma non impossibile visto che non piove da vari giorni. La stagione delle piogge e dei cicloni (quest’anno due particolarmente forti) si allontana ed alcune strade cominciano ad essere percorribili. Per la stagione secca occorre comunque aspettare Maggio.

Arriviamo sul posto dopo tre ore e più di jeep. Ci aspettano il catechista del villaggio ed alcuni cristiani. Il motivo del viaggio è un progetto di costruzione di una nuova scuola elementare.

Fin’ora i bambini dei villaggi nei dintorni devono recarsi per lo studio primario a Vohemar o Milanoa, due centri più grandi, ma distanti dai 50 ai 100 km. Non potendo ritornare a casa, i bambini vivono in piccoli gruppi di 5-6, in capanne ad affitto, tutti dai 7 ai 12 anni. Sono loro stessi a dover provvedere a tutto, cucinare, lavare i panni, disbrigarsi nelle varie faccende. Certo vi riescono bene, perché ogni bambina malgascia a 8 anni sa fare tutti i servizi di casa, spesso è lei ad occuparsi totalmente di un fratellino più piccolo se la mamma deve accudirne altri; ma vivere lontani dalla famiglia in tenera età, lasciati a se stessi, si rivela spesso dannoso e pericoloso. Qualche settimana fa una bambina di queste, di solo 8 anni, è morta di malaria per mancanza di medicine. Gli altri bambini che vivevano con lei non sapevano cosa fare. I genitori erano a 50 km. Le hanno saputo preparare solo qualche bevanda calda, ma occorrevano delle medicine. Ed è morta dopo tre giorni di febbre altissima.

Morire a otto anni per un farmaco: è una storia triste ma ricorrente qui. Che fa comunque pensare. A me personalmente pone degli interrogativi. Quanti farmaci si sprecano nei paesi ricchi! Dio potrà forse giudicare allo stesso modo questa bambina e noi che moriamo ingozzati di medicine inutili e di spreco? Ma tutti questi giudizi li lasciamo a lui.

Dicevo che andiamo lì per vedere il posto dove sorgerà la scuola. Alcuni cristiani ci hanno offerto un pezzo di terreno. Altri benefattori dall’Italia ci aiuteranno sicuramente per la costruzione della scuola. E così tanti bambini potranno studiare nel loro villaggio o almeno vicino, potranno essere più seguiti dai loro genitori, recarsi più frequentemente a casa. Potranno in fondo avere quello che gli spetta. Da noi si chiama diritto all’educazione. Non chiedono molto ma solo di studiare.

Tornando giù da Anjavibè gruppi di bambini affollano la pista. A gruppi, con qualche piccolo bagaglio ed un po’ di riso in delle saccocce, ritornano al luogo di studio dopo le vacanze pasquali. Vi faranno ritorno solo per le vacanze estive. Scherzano e ridono per strada, con la loro gioia, quella dei bambini. Non vanno al parco giochi o al cinema, ma solo a studiare a 60 Km, da soli, a piedi, come piccoli uomini e donne. Loro non sanno che avrebbero diritto ad altro. E lasciamoli così. Ma noi?

p. Lorenzo Gasparro, cssr

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