Alla scuola dei poveri

venerdì 18 luglio 2008 alle 18:18


Oggi mi piace condividere con voi queste righe che mi sono appena arrivate dal carissimo p. Lorenzo, missionario in Madagascar. Buona riflessione!
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"Come altre volte, approfitto di una tournée di visita alle scuole delle missioni del nord per mettere giù qualche riga per la nostra rubrica. È da tempo che non lo faccio.

Il tema di questa piccola condivisione vuole essere quello di sempre: la povertà. Può sembrare ripetitivo, ma è una riflessione che non riesco mai a chiudere, un capitolo a cui non riesco mai a mettere il punto finale. Ogni giorno si arricchisce di nuove pagine. Ed in ogni periodo c’è qualche pensiero in particolare che ti assilla. Qualche nuovo spunto nato da una piccola situazione, da un semplice incontro, da una scena di vita che ti passa sotto gli occhi.

Tra le grazie più grandi della missione c’è questo continuo stimolo a riflettere e meditare, non a partire da idee, ma normalmente da una situazione umana, per lo più triste.
Questo invito alla riflessione, che il più delle volte è la conseguenza di un’impotenza pratica ad agire, ha una densità umana incredibile. Leviga pian piano il cuore, dall’esigenza di capire allo sforzo di accettare, dalla reazione alla compassione.

La compassione, può sembrare l’ultima spiaggia dell’impotenza o il nascondiglio della codarderia. La pensavo così anch’io prima. Ma poi si manifesta come la più rivoluzionaria delle risposte. Perché è vero che la compassione non cambia il dolore, non dà da mangiare, non guarisce il malato, ma la compassione cambia te, e per sempre.

È questa la più umana e feconda risposta al dolore. Questo l’ho appreso dall’incontro con i poveri, ma poi mi sono accorto che era già là, nel vangelo: di fronte alla massa di poveri affamati che lo segue la prima reazione di Gesù è la compassione: “vedendo la folla ne ebbe compassione”(Mt 14,14)! E più volte i vangeli ci tengono a sottolineare questo stato d’animo di Gesù. La compassione non dà da mangiare, è vero, ma rende autentico tutto ciò che verrà dopo. Lo carica del peso specifico della carità cristiana. Senza questa compassione qualsiasi moltiplicazione di pani resta gioco di prestigio o pura ideologia.

A ben guardare è tutto già là, nel vangelo. Ma paradossalmente sono i poveri a ricordartelo, insegnandoti come essere realmente vicino a loro.
E questo è tanto più vero per quello che facciamo noi missionari. Senza questa base di compassione, che è vicinanza reale da uomo ad uomo, da cuore a cuore, costruire la scuola o il dispensario può essere semplice coreografia o addirittura ostentazione.


Non è semplice all’inizio, perché si sbarca qui con tutta la buona volontà di “fare” e molto. Presi da questa ansia di realizzare ci si dimentica di “sentire”. Solo col tempo e nell’incontro quotidiano capisci poi che senza questo “con-patire” tutto, anche i progetti e gli sforzi più coraggiosi, rischia di essere terribilmente vuoto e senza cuore.


Questo “con-patire” è un apprendimento quotidiano con cui ogni uomo deve confrontarsi, in qualsiasi parte del mondo. Ma ci sono delle situazioni, come la povertà generalizzata dei paesi africani, che non ti invitano soltanto, ma ti costringono. Davanti al dolore innocente “quotidiano” non si hanno che due scelte: o si smette di credere in Dio o si passa ad una nuova visione di Lui, quella del Dio che com-patisce, che soffre-insieme, e che pone come risposta al male ed al dolore la vita del suo Figlio ed anche la nostra compassione. Non è semplice accettarlo. Come la nostra compassione può essere la risposta di Dio al dolore. Non so assolutamente spiegarlo, ma sento che è così".

p. Lorenzo Gasparro CSSR

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