Vietati gli applausi dopo la predica

domenica 1 giugno 2008 alle 13:46

« Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Re. Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli... Matteo 7, 21-27

E ci sono dei commentatori che ci rassicurano.

Il programma enunciato nel Discorso sul monte rappresenta una splendida utopia, destinata però a non trovare alcun « posto »dove realizzarsi. Stupende parole condannate, ahimé, a non passare mai nei fatti. Pagine di altissima poesia. Ma... la vita concreta è un'altra cosa.

Insomma, un messaggio che può al massimo strappare qualche « oh! » di meraviglia o suscitare qualche sospiro di rassegnata im­potenza. Quanto all'impegno di attuazione, neppure a pensarci. Sono cose fuori dalla portata dei comuni mortali.

Ed ecco allora Hermann garantirci che il Cristo si accontenta della nostra disposizione di spirito e non esige l'azione pratica.

Ecco Kittel che ci spiega come siamo di fronte a un'etica di conversione, per cui le frasi del Sermone hanno semplicemente lo scopo di far prendere all'uomo coscienza della propria miseria, del proprio peccato (al limite... della propria incapacità di ubbidire). Per cui le esigenze morali del Discorso non verranno mai soddi­sfatte. Devono condurci, semplicemente, a piegare le ginocchia in segno di penitenza e a percuoterci il petto in segno di colpa rico­nosciuta.

Faccio notare. Primo: riesce piuttosto difficile ammettere che Gesù si preoccupi di illustrare un programma ritenuto già in par­tenza irrealizzabile. Si presenti con tutta l'autorità del Maestro e Signore soltanto per impartirci una lezione puramente teorica allo scopo di convincere i discepoli circa la loro inguaribile incapacità o di accendere un vago desiderio verso orizzonti che sono loro pre­clusi e ideali non alla loro portata.

Vediamo di essere seri. E improbabile che la missione di Gesù consista nell'aggiungere una pagina di poesia sublime alle molte di cui è già fitta la letteratura.

Sarebbe davvero strano che il Cristo si accontenti di una rispo­sta da parte dell'uomo di questo tipo: « Come sarebbe bello se que­sti precetti si potessero osservare! »

Le prediche del Signore non vengono offerte all'ammirazione, ma all'impegno. Lui non parla perché noi commentiamo: « Che bello! », ma perché ci convinciamo che quel pane è fatto per i nostri denti e quelle parole devono trasformare la nostra condotta.

Secondo. Certo, il Sermone ha anche una funzione di allarme e di turbamento salutare delle coscienze. Tuttavia non è consentito rimanere in una situazione perpetua di rimorso. Fin quando ci si limita a riconoscere di non essere a posto, non siamo ancora... a posto. Conversione non significa soltanto ammettere di trovarsi su una strada sbagliata, bensì operare un mutamento di rotta e comin­ciare a percorrere la strada giusta (non contemplarla da lontano).

Terzo. Cristo si mostra estremamente esigente. Ma le Sue esi­genze sono anche dono, grazia offerta. La Sua Parola, accolta nella fede e in una disposizione fondamentale di obbedienza, contiene in sé una possibilità di attuazione, una potenzialità di realizzazione.

Ascoltando le parole del Signore, non ci ritroviamo unicamente a saperne di più, ma diventiamo più capaci. Perché quella Parola è viva, efficace, creatrice, e produce quello che annuncia, rende pos­sibile ciò che comanda, abilita a fare, potenzia le nostre capacità, dilata le nostre possibilità. In ogni comandamento del Signore è insita una forza di compimento.

Quarto. La conclusione del Sermone sul monte ci indirizza deci­samente sulla strada del fare.

« Non chiunque mi dice: Signore, Signore... ma colui che /a... ». Si direbbe che Gesù provi una specie di impazienza a vedere il suo programma « impossibile » tradotto nei fatti, nella vita. Tra­disca un evidente fastidio dinanzi a manifestazioni e professioni di pietà, dimostrazioni di venerazione, sfoggio di titoli, che non sfo­ciano nell’azione.

Luca registra una frase ancora più severa: « Perché mi chia­mate Signore Signore e poi non fate ciò che vi dico? » (Lc 6, 46).

Insomma, Gesù vuole che l'intenzione si trasformi in azione,

l'ammirazione per il panorama determini la partenza. Esige gli si ubbidisca veramente. Le parole e le preghiere non gli bastano.

E, a spazzar via definitivamente l'illusione che il Sermone rap­presenti un ideale altissimo e quindi... irraggiungibile, ecco la para­bola della casa costruita sulla roccia e di quella edificata sulla sabbia.

Il Signore vuole che i suoi discepoli costruiscano la loro vita precisamente con questi materiali, con queste parole, sulla base dei principi che sono stati indicati.

Il significato è trasparente: la casa fabbricata sulla roccia sono le parole ascoltate e messe in pratica.

L'edificio che poggia sulla sabbia sono le parole soltanto ascol­tate.

La tempesta simboleggia il tempo della prova nella vita dell'in­dividuo e della Chiesa. In quei momenti difficili, il segreto della sicurezza e della tenuta consisterà nell'aver realizzato il proprio essere sulla parola e sulla persona del Cristo.

Il successo o il fallimento di un'esistenza dipendono dunque dalla posizione che si assume nei confronti delle parole di Gesù.

E l'alternativa ne richiama un'altra, decisiva: entrare o non en­trare nel Regno dei cieli.

« In quel giorno... » E il giorno ultimo, quello del giudizio finale. Qui la posta in gioco è estremamente seria: la vita o la morte.

« Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non ab­biamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?" Io però dichiarerò loro:

Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità ».

Allora, dunque, non servirà a nulla poter documentare di aver profetizzato, esorcizzato e compiuto miracoli nel nome di Gesù. Il bilancio attivo delle « opere carismatiche » realizzate non sarà suf­ficiente a farsi riconoscere da Lui.

« Non vi ho mai conosciuti...

L'unico legame che il Cristo giudice riconosce sarà quello dei fatti, dell'obbedienza al suo programma, della pratica del suo inse­gnamento.

« Non vi ho mai conosciuti ». Possiamo tradurre: « Non voglio aver niente a che vedere con voi ».

Gesù « riconosce » unicamente quelle persone che dimostrano di aver avuto a che fare con le sue parole.

Il miracolo più grande che lo impressiona è quello di una vita impostata sui grandi orientamenti del Sermone.

La carriera del discepolo non è punteggiata di prodigi spettaco­lari. Ha una validità in vista della salvezza soltanto se caratteriz­zata dall'obbedienza al messaggio di Cristo.

Per noi. Mettiamoci bene in testa che Gesù non ha parlato, così, tanto per parlare. Ci ha presentato un ideale che non è destinato a rimanere nelle nuvole.

Il Maestro ci indica:

- lo stile di vita che deve « far riconoscere » i cristiani

- la funzione che dobbiamo esercitare nel mondo

- il culto gradito a Dio che dobbiamo praticare

- l'atteggiamento a riguardo dei beni che dobbiamo adottare

- il modo con cui dobbiamo trattare gli altri

- l'alternativa più radicale della nostra esistenza: solidità o rovina.

Ci ricorda che non gli interessano tanto i titoli con cui Lo invo­chiamo. « Non chi dice Signore Signore... ». Desidera Lo confes­siamo con le opere.

Ci informa che non si accontenta di una fede formale e di una religiosità « parolaia ».

Ci ammonisce che il discepolo « approvato » è quello capace di coniugare il verbo « fare ».

Ci fa presente che tutto comincia precisamente quando la pre­dica finisce.

Ci insegna che la strada più bella (anche se estremamente diffi­cile) è quella che reca i segni dei passi.

Ci suggerisce che le parole che contano sono quelle che met­tono in cammino.

Ci precisa che il suo Sermone aspetta non i nostri applausi, ma una nostra decisione.

Insiste nel farci presente che l'etica dei Discorso sul monte è un'etica impossibile ma necessaria.

di A. Pronzato


1 Responses to Vietati gli applausi dopo la predica

  1. Anonimo Says:

    Si è vero:come dice San Paolo senza la carità nulla ci vale.NN CI VERRA' CHIESTO SE SIAMO CATTOLICI O MUSSULMANI O EBREI DI SINISTRA O DI DESTRA
    MA LI CI SARANNO COLORO CHE ABBIAMO INCONTRATO E AIUTATO
    E QUELLI CHE ABBIAMO DISPREZZATO E RESPINTO
    ...nn chi dice signore signore e il regno ma la nostra fede
    PROVERRANNO DA QUEI BICCHIERI D'ACQUA CHE ABBIAMO OFFERTO O RIFIUTATO

 













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