Il Gesù di Paolo e il Paolo di Gesù

lunedì 2 marzo 2009 alle 22:37
Purtroppo è ormai moltissimo tempo che non riesco più a postare nulla, ma almeno stasera voglio dedicare al blog qualche minuto.... anche perchè oggi è facile... condivido qualcosa che già con altri amici è stato condiviso...


Anche perchè proprio questo pomeriggio ho scoperto, casualmente, che da gennaio (prima edizione) siamo già arrivati alla seconda edizione... insomma un po' di pubblicità!

Il buio di una prigione.

Ferite, canti, libertà.

Una «buona notizia» incisa nelle ferite di un corpo.

Un'imboscata sulla via di Damasco.

La cultura di un uomo davanti al messia crocifisso.

E ancora: passione, mistica, fraternità. Due vite intrecciate, l'ansia e l'urgenza che altri sappiano, che altri ne godano. Un'eredità da trasmettere, una vita generata in catene.

Affondi biblici e provocazioni comunitarie per lasciarsi afferrare da una storia che interroga cuore e intelligenza. Ieri come oggi.

Paolo di Tarso insomma, una vita “ad alta quota”.

E noi?

dalle pagg. 234-235:

RAPIMENTO

Un segreto, la solitudine, e il suo anelito di comunione

«È un segreto!». Quante volte da bambini abbiamo ripetuto questa frase, per un motivo o per un altro. Chi avesse potuto guardarci in quel preciso momento avrebbe visto quel tipico scintillio degli occhi, quel sorriso inconfondibile, compiaciuto sì, ma con un so che di signorile. Trapelava il gusto del mistero e il senso di un confine, di una porta di cui solo noi avevamo le chiavi e l’accesso. Mistero per gli altri, possesso nostro, esclusivo. Confine di separazione tra noi e il mondo, unione della nostra anima con l’intimità di noi stessi. Porta indisponibile dall’esterno, varco da aprire o chiudere a nostro piacimento. Ora lo possiamo verbalizzare. Allora lo vivevamo e ci faceva diventare grandi senza saperlo, più di tante altre esperienze. Avere un segreto, custodirlo e poterne disporne è essere uomini. La natura è piena di segreti, ma non sa né di averli, né per chi sono destinati ad aprirsi.
Ora sappiamo di essere un segreto. Un mistero perfino a noi stessi. E ce ne accorgiamo proprio mentre diamo anima, carne e sangue nello slancio verso la condivisione del mistero che siamo, nel tentativo di superare la solitudine che questo intimo segreto comporta. Consegna reciproca tra due tu in cui comunione e solitudine convergono e non si annullano, ma si alimentano a vicenda. È nient’altro che il riflesso di quell’Amore, eterna unità e distinzione di amanti, che sentiamo l’origine, il fine, il senso del nostro esistere. È stupendo. Il dono totale che ci scambiamo. Ma l’altro rimane un mistero, io sono e rimango un mistero. Anzi, dovremmo togliere il «ma», e ripetere: è stupendo, proprio perché l’altro rimane un mistero, io sono e rimango un mistero. Non è il fallimento dell’amore ma la sua verità. Che non coincide con la fusione nell’indistinto. Per fortuna.


Sulle tracce del segreto di Paolo


Prendere contatto con questa dimensione antropologica, specchio di quel nome nuovo che nessuno conosce se non colui che lo riceve (cf. Ap 2,17), ci permette di continuare meglio il nostro percorso, che adesso, come un fiume carsico, vuole abbandonare il paesaggio visibile ai più e scavare nelle profondità più segrete del nostro Apostolo, dentro la sua dimensione mistica. Ma anche Paolo rimane comunque un mistero. Incomunicabile nella sua essenza ultima.
Esistono tuttavia vari gradi di «segretezza» e possiamo ugualmente tentare un progressivo avvicinamento a quel nucleo intimo della sua persona di cui lo Spirito Santo si è compiaciuto di offrire tracce e indicare sentieri di accesso. Di altri autori e personaggi neotestamentari infatti non sappiamo nulla di preciso in proposito, mentre l’apostolo Paolo si segnala anche per questo varco che ci permette di affacciarci sulla sua vita spirituale profonda.
Lo abbiamo visto percorrere strade senza fine, navigare e naufragare, annunciare, scrivere e tessere relazioni. Percosso e imprigionato, liberato e sempre in movimento, tra pericoli, timori e gioie. Un flusso vitale con le sue risorgive, visibili nelle espressioni esteriori del suo vissuto, e i suoi inghiottitoi, gli spazi celati alla vista degli uomini, in cui si inabissa la stessa energia pulsante, rivitalizzandosi in un dialogo con un «Tu» che ci sfugge. Anche i suoi avversari a loro modo ne devono ammettere l’inaudita e instancabile attività:

«Uomini d’Israele, aiuto! Questo è l’uomo che va insegnando a tutti e dovunque contro il popolo, contro la Legge e contro questo luogo; ora ha introdotto perfino dei Greci nel tempio e ha profanato il luogo santo!» (At 21,28).

Chi da fuori l’avesse osservato bene, e in modo onesto soprattutto, non avrebbe però potuto fare a meno di chiedersi: ma da dove gli viene la spinta per fare tutto ciò? Qual è la segreta forza propulsiva del suo spendersi per un progetto audace che non ha confini, né sembra temere ostacoli? La cerchia dei suoi fratelli e delle sue sorelle, i cristiani delle comunità da lui fondate, avevano in mano molte risposte. E ci sono state trasmesse, perché sono nelle lettere che adesso abbiamo sotto i nostri occhi, custodite e ricopiate innumerevoli volte, per impedire al tempo di rioccultare il segreto della sua storia, e per far giungere intatte fino a noi le tracce dei sentieri che ad esso conducono. Indicare una porta non è la stessa cosa di aprirla o varcarla, è ovvio. E infatti ciò che potremo scoprire è solo quanto basta affinché noi stessi, segretamente, possiamo predisporci al nostro personale faccia a faccia con il Mistero, che è e sarà il nostro segreto.
Sappiamo bene che è un Mistero con un nome preciso. «L’amore di Cristo ci spinge» (cf. 2Cor 5,14) ci ha già detto Paolo, indicandoci la Fonte e il perché di tutto. Ma, ancora a monte, stanno di nuovo quelle parole incisive, da cui ripartiamo, per ricomprenderle sotto un’altra luce:

«io sono stato afferrato da Gesù Cristo» (cf. Fil 3,12).

 













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