Il Gesù di Paolo e il Paolo di Gesù

giovedì 31 gennaio 2008 alle 13:10

VILLA NAZARETH


Associazione Comunità Domenico Tardini


Settimana invernale di incontro degli Associati e dei Laureati

da domenica 10 a domenica 17 febbraio 2008



Tema degli incontri:


Il Gesù di Paolo e il Paolo di Gesù



Lunedì

Il Gesù di Paolo: una Buona notizia incisa nelle ferite del suo corpo


Martedì

Saulo il fariseo e persecutore del Cristo: lo scandalo della croce


Mercoledì

Afferrato da Gesù Cristo: luce e cecità sulla via per Damasco


Giovedì

L'ansia per il vangelo e per tutte le Chiese: la missione


Venerdì

Paolo "prigioniero" di Cristo: passione, mistica, fraternità


Sabato


Generare la Vita in catene: l'eredità paolina


Mille e ancora mille doni stupendi per cui ringraziare!

sabato 19 gennaio 2008 alle 06:30
Oggi festeggio il dono stupendo della mia vita!!!

Ed è una bella occasione.
Per un grandissimo grazie
a tutti quelli che hanno acceso
il mio sorriso con il loro sorriso,
a chi con la sua vita e il suo amore, la sua fatica e speranza
ha accolto, fatto sbocciare e crescere la mia vita.

Grazie con tutto il cuore!

A chi ha condiviso con me in più o meno lunghi tratti di strada (o finora!)
giochi e ammaccature,
riso e pianto,
gioie e travagli,



a chi ha saputo comunicarmi la speranza nel futuro
e la voglia di costruire insieme qualcosa di bello
senza paura per fatiche e fallimenti
,
a chi mi ha fatto scoprire nel volto del Cristo
il compimento di tutto ciò che di più inesprimibile
il cuore contiene senza poterlo contenere,
a chi semplicemente c'è stato o c'è adesso con la sua presenza,
con la sua parola e con la sua amicizia.

Sono nomi e volti, occhi e sorrisi che rimangono nel cuore
come fresche fonti di gratitudine e di gioia di vivere.

Grazie!

Grazie a chi mi ha fatto intuire cosa significhi Amore
accogliendomi così come sono,
allargandomi il cuore e facendomi fissare la meta,
l'unico Amore verso cui aneliamo e camminiamo,
Lui, che sarà in noi il tutto
e noi tutti saremo in Lui uniti
nella gioia che senza fine celebreremo
con il nostro canto di lode.

Anche Lui in fila con i peccatori

domenica 13 gennaio 2008 alle 11:45

Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dal cielo disse: « Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto ». Matteo 3, 13-17



di Alessandro Pronzato


Il ciclo natalizio ha un carattere prevalentemente « epifanico »; nel senso di una manifestazione della gloria del Signore nell'uma­nità di Gesù di Nazareth.

Questa gloria, però, appare in un contesto di piccolezza, mo­destia, debolezza. Siamo chiamati a contemplarla in un bambino inerme, che nasce nella più squallida povertà, subito perseguitato, esule, che conduce poi una vita eguale a quella di tanti altri.

E una gloria che riveste i panni più ordinari.

Anche e soprattutto la festa del Battesimo di Gesù possiede una rilevanza epifanica. I fenomeni straordinari che accompagnano l'immersione nel Giordano sottolineano questo aspetto: i cieli aperti, la voce, la discesa dello Spirito Santo.

E l'investitura dall'alto del Messia. Sono le credenziali che il Padre dà al proprio Figlio.

Tuttavia anche qui la gloria viene, per così dire, velata. Per­ché Gesù si presenta al Giordano a farsi battezzare da Giovanni insieme a molti altri « penitenti ». In fila coi peccatori. Confuso nella massa di coloro che riconoscono di aver bisogno di conver­sione. Uno qualsiasi.

Tanto da provocare la reazione di Giovanni. Il quale gli fa no­tare che quello non è il suo posto:

- Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?

Ma l'interessato ha compiuto una scelta precisa:

- Lascia fare per ora...

E Giovanni è costretto a trattarlo come tutti gli altri.

Così, mentre dall'alto Gesù viene indicato come l'Inviato, il Figlio di Dio, dal basso Gesù stesso si colloca dalla parte dei pec­catori, si confonde con loro, sembra faccia di tutto per nascondersi.

Venuto sulla terra non per annunciare l'incombente giudizio di Dio, ma per recare la lieta notizia della salvezza, si mescola con coloro che devono essere salvati.

Disceso per inaugurare non il tempo del castigo; ma la stagione della misericordia, si presenta insieme a coloro che riconoscono di aver bisogno della misericordia divina.

Atteso e presentato da Giovanni in tono minaccioso come il « giustiziere », corregge questa immagine con quella della mansue­tudine.

Segnalato attraverso prodigi eccezionali, Lui preferisce esibire i segni della comune solidarietà.

«In questo gesto del Cristo che si confonde con la folla dei peccatori è già racchiusa quella logica che lo porterà sulla croce a morire per i peccati del popolo » (B. Maggioni).

Indubbiamente, nel dialogo tra Gesù e Giovanni si scontrano due concezioni messianiche opposte. Ed è Giovanni che deve pie­garsi al piano di Dio: « Conviene che così adempiamo ogni giu­stizia ».

Ora, il progetto di Dio è un progetto di umiltà e di misericordia.

Per cui, « adempiere ogni giustizia » vuoi dire sottomettersi alla volontà di Dio, che non è una volontà sterminatrice, ma di salvezza.

Mi pare che la pagina di Vangelo odierna ci inviti a « ricono­scere » Colui che è stato mandato dal Padre, a scoprire il senso della sua missione. O, se vogliamo, a rispondere alla domanda fon­damentale: « Chi è Gesù? »

Questo riconoscimento essenziale, però, è possibile soltanto se ci poniamo nella prospettiva giusta.

E trovando il nostro posto, in mezzo ai peccatori, nella fila di coloro che si incamminano lungo un itinerario penitenziale, nel gruppo di chi sente l'esigenza di conversione, che è possibile stabi­lire un contatto con Cristo.

Vorrei dire che è importante scoprire che non siamo a posto, non siamo ciò che dovremmo essere.

Può essere facile additare le cose che non vanno nel mondo. Denunciare il male che sta fuori.

Si tratta, invece, di accertare le cose che non funzionano in noi, per colpa nostra. Rintracciare il male annidato, non nella casa del vicino, bensì nelle pieghe del nostro essere.

Troppo comodo distribuire colpe all'esterno.

E urgente, invece, riconoscerci colpevoli personalmente, attri­buirci una fetta di responsabilità di fronte a certi guasti.

Non serve a nulla essere insoddisfatti degli altri.

Risulta decisivo essere insoddisfatti di sé.

Possiamo avere numerose e valide ragioni per lamentarci degli altri.

Ma il vero problema è chiarire i motivi che abbiamo per la­gnarci di noi stessi.

Un giorno Cristo ammonirà severamente: « Guai a voi che ora siete sazi » (Lc 6, 25). Ossia, guai ai soddisfatti.

Guai a chi si compiace di ciò che è, di ciò che ha fatto, di ciò che ha ottenuto, delle benemerenze che ha collezionato.

Beati, invece, gli scontenti. Scontenti, non di quello che hanno (o non hanno), ma di ciò che sono (o non sono).

Beati coloro che non hanno da ridire sul conto degli altri. Hanno parecchio da ridire, piuttosto, sul proprio conto.

Beati quelli che sanno mettersi in discussione.

Beati coloro che ammettono di aver sbagliato, di aver provo­cato e di provocare guai nel mondo, nella Chiesa, nella società, oltre che nella propria esistenza personale.

Soltanto questa ammissione, infatti, ha il potere di dare uno scossone ai vari meccanismi che hanno la pessima abitudine di incepparsi.

Il Giordano, al tempo di Giovanni, era popolato di « insoddi­sfatti » che andavano non a controllare il bagno purificatore degli altri, ma a immergersi in quell'acqua perché convinti di aver accu­mulato un bel po' di sudiciume sulla propria pelle (e non soltanto sulla pelle).

E Gesù si è mescolato tra questi insoddisfatti.

E continua a farsi trovare da loro.

Lui non sta dalla parte di chi dice: « Guarda che schifo ».

Ascolta, invece, la voce di chi confessa: « Non ne posso più di me stesso. Non mi sopporto più così ».

P. Claudel garantiva: «Il Signore ha preso l'abbonamento con le tue infermità per guarirle ».

C'è un'unica malattia che Lui non può guarire: la sicurezza. Un unico « caso disperato » di cui non può occuparsi: la sod­disfazione di sé.

Un'unica categoria di persone che non riesce a smuovere: quel­le che si ritengono a posto.

Chi dona con gioia

mercoledì 9 gennaio 2008 alle 22:36

Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.



Ariete è una bambina che dimostra circa 11 anni. E stata abbandonata in un ospedale psichiatrico vicino a Kigali non molto tempo fa. Dopo diversi mesi di ricovero, non riuscendo a rintracciare i genitori, è stata affidata alla nostra "Casa Amahoro". È davvero scapestrata, simpatica, impertinente, irrefrenabile a volte manesca, impulsiva. A tutti si rivolge dicendo «mama wanjye, papa wanjye», «tu sei la mia mamma, il mio papà». Eppure non è così, anche se ci piacerebbe davvero poter colmare il suo vuoto, il desiderio di riavere una mamma tutta per sé.


In questi giorni di vacanze scolastiche, abbiamo riaccompagnato a casa tutti i bambini che vivono qui in casa, 8 bimbi in tutto. Anche Ariete chiedeva di andare a casa. A casa dove? Non sappiamo da dove iniziare a cercarla la tua casa, perché a quel recapito che lasciarono i tuoi non si è mai trovato nessuno. Tutto il giorno chiede insistentemente di andare dal "dottore", quel dottore che forse in ospedale le dava un senso di sicurezza e paternità.


Forse i suoi genitori vivono un dramma ancora più grande che non ci è dato di sapere, ma Ariete è e resta una abbandonata: non possiede nulla, non ha una famiglia che qui è quasi tutto, non ha gli strumenti per costruirsi una vita o un futuro, né qui né altrove. Eppure la sera, durante il vespro, al momento del canto finale, tutto d'un tratto Ariete si alza e inizia a danzare.


Balla con le braccia alzate al cielo e il suo viso ride. Balla come è, con il suo fare maldestro e un po' sgraziato, ma con quei passi al ritmo di tamburo fa nascere una poesia che rigenera i nostri cuori. La sua è una preghiera densa. Una preghiera piena di vita, di gioia, di desiderio, piena del suo sorriso, una preghiera che è tutta presenza.


Questa danza è un canto alla vita che si alza al Padre. Anche se vita incerta, spezzata, sfortunata. È la preghiera di chi nulla ha da vantarsi, nulla vuole supplicare, nulla vuole lamentare, ma offre semplicemente se stesso con la gioia che il Signore ama. Ho riconosciuto davvero queste parole: Dio ama chi dona con gioia.


Ariete dona con gioia tutto quello che ha: se stessa.


Un'operatrice Caritas


Tu lo sai che non sei solo?

domenica 6 gennaio 2008 alle 18:24


Una stella, una congiuntura astrale inattesa, un segno debole o invisibile per alcuni ma per te chiaro e limpido. Lui c’è e ti chiama.

Ti chiama a muoverti. Apri il cuore. Stai rischiando di non sentire più niente!

Hai provato di tutto e tutto adesso rischia di essere uguale e indifferente. Senza sapore.

Cosa sapresti rispondere se anche a te chiedessero come a Erode e ai suoi saggi scribi: Dov'è il Re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo.

Sapresti indicare la strada che porta fino a quel Bambino?

Forse sì, ma solo in teoria. Anche gli scribi interrogati da Erode hanno saputo rispondere bene:

A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.

Esame passato? Tutt'altro.

Non si sono mossi. Si sono accontentati della teoria, credendo di possedere così la verità.

Ma la Verità non si possiede, si cerca, si interroga, per essa si lasciano indietro cose, certezze e anche affetti, la si invoca, la si adora in silenzio.

Essa è degna del nostro oro, del nostro incenso della nostra mirra profumata.

Anche quando tace. Anche quando si presenta come Bambino che non ti dà risposte ma chiede solo di essere accolto.

Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

La gioia non ce l'ha chi vede la stella. Tutti la possono vedere, ma diventa gioia solo per quelli che hanno lasciato la propria casa alle spalle, facendo della propria vita desiderio e ricerca del suo Volto.

Allora sai leggere nel cielo e sulla terra ciò che Dio scrive per tutti, saggi e ignoranti, ma che solo i puri di cuore comprendono.

Ti accorgi e sei certo di non essere solo.

E questo dà gioia ai tuoi giorni e rende sensato il tuo camminare giorno dopo giorno nell'avventura di questa vita.


 













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